Intellettuali dei miei tamponi

La pandemia, e la crisi che porta con sé, accelera tendenze già in atto, svela le carte nascoste, smaschera impietosamente le falle, le ossessioni, le nature peggiori

Intellettuali dei miei tamponi

La pandemia, e la crisi che porta con sé, accelera tendenze già in atto, svela le carte nascoste, smaschera impietosamente le falle, le ossessioni, le nature peggiori. Ci mostra come siamo davvero, come sono invivibili e orribili le nostre città senza cittadini, quanto insopportabile la Scuola senza studenti, quanto imbarazzante la nostra politica senza politici all'altezza. E quanto coniglieschi e senza nerbo siano i nostri intellettuali. Ieri su Repubblica - ed è solo un mediocre esempio fra tanti - Francesco Piccolo ha scritto una doppia pagina, 180 righe tipografiche, altrettanti momenti di trascurabile quotidianità famigliare (le mani lavate, le finestre spalancate, disinfettanti e scarpe fuori dalla porta) per dirci che il «maledetto virus» gli ha insegnato ad aver paura dei suoi figli (e non crediamo sia esasperazione...). Aver paura dei figli. «In fondo non ho davvero paura di ammalarmi; ma non voglio ammalarmi per colpa di un figlio». Difficile leggere - da genitore - due righe così. Il padre chiede che i figli siano tenuti lontani «per decreto» dai genitori, per non rischiare di essere infettato. Ci siamo arrivati. Eccoli i nostri intellettuali al tempo della pandemia. Almeno fossero solo pedanti e malinconici. Sono molto peggio. Sono irresoluti, imbelli, vili. Pronti a rinunciare all'abbraccio di un figlio pur di non rischiare - che cosa? - una febbre? un ricovero? peggio? E allora? I padri non sono fatti per questo: per rischiare in nome o al posto dei figli? Gli intellettuali, che ben prima dell'epoca Covid avevano già perso da tempo quei tratti di anticonformismo, ribellione, coraggio, dissidenza che dovrebbero essergli propri, oggi se possibile sono ancora più incolori, acidi, pantofolai. Hanno trasformato lo stare in casa a far nulla - #MaRestaciTuACasa - in un'intollerabile azione eroica. Si sono appiattiti sul peggior conformismo, hanno perso identità, rinunciato al proprio ruolo. Quello di dubitare, di rischiare, di scuotere la comunità. L'hanno addormentata. Intellettuali organici al Comitato tecnico-scientifico. Scrittori militanti del lockdown duro& puro. Ma dove sono i ribelli, le pasionarie, gli irregolari del pensiero, i movimentisti? Hanno fatto del divano di casa le loro barricate. «Credere, ubbidire e lavarsi la mani». L'unico slogan che sono stati capaci di urlare è stato #IoLeggoACasa... Che coraggio. Qualcuno si è spinto fino a un rivoluzionario «Il vero virus è il genere umano». Però! Per il resto hanno taciuto. L'unica volta che hanno aperto timidamente bocca - dopo aver accolto senza un «beh» la serrata di ristoranti, bar, negozi, palestre, allenamenti sportivi, scuole... - è stato quando gli hanno chiuso i teatri, da cui portano a casa soldi e lavoro. Ipocriti. Progressisti fino all'ultima pagina, appena è scoppiato il virus sono diventati i peggiori reazionari nel fermare la corsa allo sviluppo, rallentare la vita e viaggiare intorno alla loro camera... Avevamo sperato - visto che i nostri ragazzi non sono stati capaci di farlo, o lo hanno fatto timidissimamente - che uno scrittore, un filosofo à la page, un intellettuale di riferimento per il popolo dei festival, dei Saloni del libro, dei Fabio-Fazio-Show andasse in tv a gridare agli studenti di ogni ordine e grado: «Domani tutti nelle piazze per chiedere di riaprire le aule, subito!». E invece. Silenzio. Ogni due per tre citano Pasolini... Chissà, lui, che editoriale avrebbe scritto contro la didattica a distanza.

Oggi, appena Antonio Scurati abbozza un fogliettone per dire che si ribella al divieto di fumo all'aperto, deve subire la gogna di 80 righe di risposta firmate dai «Medici impegnati nella lotta al tabagismo». Figuriamoci se qualcuno si azzarda ad abbracciare un figlio senza certificato negativo del test sierologico.

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