L'età dell'oro e della faccia di bronzo. L'editoria secondo Antonio Franchini

Leggiamo. Va bene, ma perché? E qui si apre il dibattito, spesso feroce

L'età dell'oro e della faccia di bronzo. L'editoria secondo Antonio Franchini

Vi siete mai chiesti perché leggete? Anzi: perché leggete i libri? La risposta sarebbe così lunga da farsi del male, come un reboot di un qualche classico cinematografico che si sa sarà una nefandezza, ma invece di offrire alla domanda un responso, sarebbe meglio leggere quegli atti d'amore autentici nei confronti dell'atto della lettura e della scrittura (va da sé) come Leggere possedere vendere bruciare di Antonio Franchini (Marsilio Editore).

Sono cinque racconti che ci trasportano, con perizia, divertimento, sarcasmo e anche con nostalgia tra gli scaffali delle nostre case. I libri di mio padre mostra l'eredità a cui tutti dobbiamo prima o poi sottostare, quella di chi ci ha preceduto, di chi ha creato per noi, senza che neanche riuscissimo a comprenderlo davvero, se non in quell'atto definitivo e di chirurgia dell'anima, che è il riordinare ciò che ci è stato lasciato. Un «possedere» per dare, che troppe volte resta incompreso nel cuore di chi lo dovrà accogliere e che riferito ai tomi di una vasta biblioteca, ha l'aggravante che «i libri fanno polvere, si corrompono come cadaveri appesi, se una mano non ne rianima ogni tanto le pagine», aggravante che, per chi non ha questo genere di pietà, rende vano lo sforzo di chi ci saluta. Ma forse no. Non è sempre così. Lasciando la baia dei ricordi, del sentimento si approda a quelli che possono essere porti più sicuri, perché sia ha la presunzione di conoscerli, ma non è così ed ecco Lettore di dattiloscritti e l'età dell'oro dell'editoria italiana, in cui si offre uno sguardo da dentro la pagina stampata. Si scopre «come la percezione della letteratura è fortemente condizionata dalla nostra distanza dal testo e dalla soggezione che del testo possiamo avere», che «pochissimi scrittori vengono letti dai propri figli». E come gli editor abbiano metodi di sopravvivenza sia scritta che orale, per riuscire a scampare alla ghigliottina degli aspiranti (e neanche tanto tali) scrittori, che vengono raccontati in tutta la loro arroganza o mediocrità.

Si entra nel dietro le quinte dei nomi del panorama italiano della scrittura, delle grandi firme e di intellettuali (splendido il ritratto di Pietro Cheli), delle riflessioni sui testi e la loro pubblicazione, rastremando la colonna editoriale e portandola, in una porzione acuminata e ironica, al lettore magari scevro da certi meccanismi, che non può che godere di questo atto voyeuristico offerto. Mentre l'addetto ai lavori avrà perennemente stampato il sorriso sulle labbra. Memorie di un venditore di libri è caustico e divertente nella sua veridicità e grazie al suo meraviglioso protagonista, Procolo Falanga, venditore del Sud Italia, con un'indole che «era assai più negativa del pensiero di Hobbes, Schopenhauer e Cioran», una predisposizione al pessimismo radicale, «mai disgiunta da una certa qual funebre allegria, tipica anch'essa delle plebi meridionali, e da una loquacità che si compiaceva di elargire ai più giovani colleghi», si potrà accedere ai retroscena commerciale degli editori.

Ma la domanda resta? Perché leggiamo? Franchini, in questa raccolta, forse ci offre la risposta in Bruciare, almeno a una parte di noi: «perché siamo bambini che hanno cominciato da non molto a leggere tanto. Bambini con gli occhiali».

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