Dal Campiello al campo lungo. L'Arminuta, che punta all'Oscar e viene dalla selezione letteraria del prestigioso premio, costruisce, proprio sulla profondità - di campo appunto - e di prospettiva, una storia di contrapposizioni. La protagonista è una bambina di tredici anni, restituita dalla famiglia in cui è stata allevata a quella biologica. Lei non si spiega la ragione e lo spettatore - anche una volta arrivato in fondo alla vicenda - si ritrova in lei e fatica a comprendere i motivi di quel gesto doloroso, che offre però al narratore, Donatella Di Pietrantonio nel romanzo e Giuseppe Bonito nel film, la possibilità di mettere a fuoco due mondi. La famiglia ricca e quella povera, contraddistinte anche linguisticamente perché la prima parla italiano e la seconda il dialetto. Detto per inciso, molte di queste ultime parti, alla Festa del cinema di Roma dove il film è stato presentato, sono risultate più chiare nei sottotitoli in inglese. Non a caso, la bambina che interpreta Adriana (bravissima) è stata scelta in quanto l'unica, fra le tante coetanee provinate, a saper parlare abruzzese. Ruralità e campagna. Disgrazie e felicità completano un quadro di alternanze e riflessi in cui la famiglia povera perde un figlio in un incidente mentre quella ricca assiste alla nascita di un'erede. Un'opera di suggestioni che in qualche scorcio ricorda vagamente L'albero degli zoccoli di Olmi, se non altro per gli interni miseri in cui la sofferenza ha i mille volti di un dialetto difficilmente intellegibile ma inversamente proporzionale alla comprensibilità del dramma. Due madri agli antipodi, con il comune denominatore di non farsi amare, l'una rude si nasconde dietro la sua scorza anaffettiva l'altra sa soltanto offrire soldi come se il denaro potesse indennizzare tutto.
In mezzo svetta l'arminuta - cioè la «ritornata» in abruzzese - senza nome ma con il profilo di una donna in miniatura. Una di quelle di oggi che, pur indietro con gli anni, sembrano aver già visto molto, se non tutto. Un film difficile che sa farsi amare per il suo lirismo e la pretesa di non sapersi rivelare a chiunque.
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