Marino incapace di gestire la cultura romana

Il nome Zètema deriva da un termine che Socrate usa per indicare la ricerca rigorosa della conoscenza. «Un nome impegnativo con un richiamo a una cultura e a una filosofia altissime, alla base stessa della nostra Civiltà». Al di là del nome e della mission - «ottenere una fruizione ottimale del patrimonio storico artistico della Città» - Zètema è una mastodontica società in house del comune di Roma che gestisce tutta la cultura capitolina (si occupa perfino del gabinetto del sindaco). Non si muove foglia che Zètema non voglia. Orbene, Ignazio Marino - in spolvero di spending rewiev - ha deciso di tagliare un 20% di trasferimenti, circa 4 milioni di euro, cosa che mette a repentaglio la funzionalità della società e delle gestite, e porterebbe dritti, secondo i sindacati, a uno sciopero generale della cultura. Difficile farsi un parere: Zètema nacque dalla Legge Ronchey che apriva (giustamente) la gestione dei beni culturali ai privati; poi è diventata partecipata al 100% del Comune di Roma e braccio armato dei vari sindaci, da Veltroni ad Alemanno. Adesso Marino, Pd ma mal visto dai renziani, si scontra coi sindacati proprio sulla società che ne gestisce l'ufficio. Qualcuno sostiene che è in atto una svendita delle municipalizzate, qualcun altro è felice di veder sbaraccati questi carrozzoni parapubblici, centri di potere ultronei rispetto all'amministrazione.

Resta un fatto: l'incapacità di Marino di dare una risposta al sistema culturale romano (che pure era un vanto della sinistra radical chic). Tanto per dire, ieri gli ex occupanti del Teatro Valle hanno occupato l'assessorato alla cultura: va in scena «Arlecchino servo di due padroni».

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