Lo scrittore Franck Thilliez è uno dei maestri del thriller francese e nei suoi ultimi due romanzi, Il manoscritto e C'era due volte (Fazi Editore) ha messo in primo piano il tema traumatico dei ricordi. «La memoria - spiega - mi affascina. Come funziona? Come vengono immagazzinati i nostri ricordi? Come vengono ricostituiti? Sono affidabili? Una persona che non ha memoria ha ancora un'esistenza? A parte il mio interesse personale per l'argomento, è un tema drammaticamente molto ricco, che rende possibile creare personaggi forti e combattivi che dovranno superare molte difficoltà per sopravvivere. Il protagonista di C'era due volte, il mio ultimo romanzo, Gabriel, è uno di questi. La difficoltà, quando si parla di amnesia in un thriller, è trattarla in modo originale, senza che il lettore abbia l'impressione di déjà vu, perché è un argomento spesso abusato dal cinema e dalla letteratura».
Com'è nata la trama di C'era due volte?
«Facendo delle ricerche ho scoperto che esiste un tipo di amnesia molto speciale denominata amnesia psicogena atipica. È molto rara. E le persone colpite da questa patologia dimenticano un'intera parte della loro vita, senza saperlo. Pensano di avere 25 anni e ne hanno 40. Non c'è una causa organica, il fenomeno è puramente psicologico, legato a un trauma... Ho scoperto che era un ottimo terreno per costruire un personaggio molto originale... L'inizio del romanzo sembra una storia di fantascienza, eppure non potrebbe essere più realistico».
Che tipo di persona è il suo Gabriel?
«Direi che è il protagonista perfetto per un thriller. All'inizio della storia, tutte le disgrazie del mondo cadono su di lui. Si rende conto che sua figlia è scomparsa da dodici anni, che sua moglie lo ha lasciato, che non è più il benvenuto nella città in cui viveva. A causa del suo problema di memoria, non sa neppure chi è diventato. È solo contro tutti. Ma, a poco a poco, si rialzerà, scoprirà la verità e cercherà di ritrovare sua figlia. È un personaggio forte, combattivo, cattivo e che non si arrende mai».
Perché ha voluto che Il manoscritto e C'era due volte fossero due romanzi complementari e collegati uno con l'altro?
«È una specie di regalo che ho fatto ai miei fedeli lettori che amano il mio mondo complesso e tormentato. I lettori di thriller e di letteratura di suspense amano indagare, osservare e trovare indizi. Un thriller è una sorta di gioco che si svolge tra i lettori e l'autore. Leggere C'era due volte dopo aver letto Il manoscritto determina un maggiore divertimento e una maggiore tensione. I nuovi lettori forse non noteranno questo livello nascosto, ma ciò non diminuirà in loro il piacere della lettura. C'era due volte fornisce anche la risposta a tutte le domande che i lettori di Il manoscritto potrebbero essersi posti. Mi piace quando un libro solleva domande nei miei lettori, perché il romanzo continua a esistere anche dopo essere stato letto».
Crede che la pandemia abbia costretto gli scrittori a cambiare le loro storie?
«Sono abituato a immergermi nelle tenebre del mondo, lo faccio da anni! Il periodo che stiamo attraversando non mi disturba nella scrittura, anzi, trovo che riveli molto sul comportamento umano. Ma nelle prime settimane della pandemia è vero che ho avuto difficoltà a lavorare, a far funzionare la mia fantasia, perché c'era questa paura del giorno dopo... Poi, quando abbiamo iniziato ad avere dati sul virus per capire come ha funzionato, è andata molto meglio. Alla fine, ho avuto un ritmo di scrittura più veloce del solito, perché non c'erano più viaggi, incontri, firme di copie... In sostanza, non ho mai scritto tanto come in questo periodo».
Quanto è cambiata la scena del thriller e del noir in Francia?
«Qualche anno fa si pensava che i noir fossero semplice letteratura d'evasione, si leggevano velocemente e si dimenticavano velocemente. Oggi i thriller, oltre a raccontare una storia, trattano temi seri e importanti della nostra società. Gli autori fanno molte ricerche, si documentano e raccontano verità che interessano ai lettori, parlando del mondo in cui vivono. È un genere che ha guadagnato riconoscimento e credibilità».
Che cosa la spinge a scrivere storie di suspense?
«Semplicemente il desiderio di trasmettere emozioni con i miei romanzi. Quando ero adolescente amavo il genere thriller, in particolare le storie investigative e dell'orrore. Ho trovato favoloso che scrittori, registi, musicisti, fossero in grado di trasportarmi in altri mondi, farmi viaggiare e regalarmi forti emozioni. Ho cercato di imitarli. Quando lavoravo come ingegnere, la notte mi sedevo davanti allo schermo del computer, a casa, e iniziavo a scrivere, perché mi bastavano semplicemente un computer e la mia fantasia. Senza farmi domande o chiedermi se ero fatto per questo. E così ovviamente ho scritto il mio primo thriller».
Quali sono le sue paure?
«Ho paura dei mutamenti climatici che sta subendo il nostro pianeta. L'aumento delle temperature, lo scioglimento dei ghiacci, l'interruzione delle correnti marine... Tutto ciò che ha enorme impatto sull'intero ecosistema. Ma ho fiducia nell'Uomo, nella sua capacità di superare le prove, di adattarsi, di risorgere dalle sue ceneri.
Non per niente la nostra specie ha vissuto centinaia di migliaia di anni. Quindi penso che saremo in grado di trovare rapidamente soluzioni prima che sia troppo tardi. Altrimenti la mia paura più grande, viscerale, quella che mi torce le budella è... il vuoto. Soffro di vertigini».
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