È un pianista moderno ma con l'animo all'antica. Parte dai suoni classici per creare una musica senza tempo e ha legioni di fan pur proponendo un suono colto e difficile. Pianoforte solo, a volte gli archi, qua e là qualche effetto elettronico, Ludovico Einaudi (nonno Presidente della Repubblica, papà noto editore) con una musica per nulla commerciale ha conquistato anche il web... Sì, perché online non ci sono solo coloro che ascoltano la trap, ma anche gli «einaudiani» che totalizzano un milione al giorno di streaming con i brani di Ludovico. Il pianista ha accumulato 2 miliardi di contatti in streaming, una cifra da capogiro che lo porta ad essere il pianista «classico» più seguito. Oggi Einaudi - che parte in questi giorni per una tournée mondiale - è alle prese con una nuova, eccentrica sfida: pubblicare Seven Days Walking, ovvero sette dischi consecutivi per sette mesi. Il primo è appena uscito, ora aspettiamo il capitolo di aprile. Alla fine i sette album saranno raccolti in un cofanetto.
Sette dischi in questo mondo di canzoni usa e getta.
«Sì, è un modo per andare controcorrente e recuperare la centralità della musica. Sia io sia il mio pubblico amiamo entrare in un mondo dove il tempo assuma contorni meno frenetici. Con questi dischi voglio dare una dimensione di pace e tranquillità al mondo di oggi».
Ha dichiarato di aver ideato questo progetto durante le sue lunghe camminate in campagna...
«Camminare mi rilassa e mi fa venire delle idee, ma il cammino è anche una metafora che rappresenta il mio nuovo percorso musicale con le sue variabili e le varianti, a volte imprevedibili o inattese».
Sette dischi sono una mole spaventosa di musica...
«Ma è nato tutto così, spontaneamente. Per il primo disco mi sono chiuso nella mia cascina con Federico Mecozzi al violino e Redi Hasa al violoncello e tutto è venuto fuori come per magia. Sono partito da un tempo lento per viaggiare verso territori imprevedibili e poco programmati. Ho costruito brani che abbiano un sapore un po' fantastico; è stato un po' come dipingere, come Cezanne che ha dipinto la montagna per vent'anni».
Con che criterio ha diviso gli album?
«Seguono un loro filo logico e si concludono con un disco di solo pianoforte, forse più intimista degli altri sei».
Il suo modo di agire dimostra che la tecnologia se ben usata aiuta...
«Per certi aspetti ci ha rovinato la vita, ma indubbiamente nell'arte ci dà una grossa mano. Poi sta a noi finire l'opera da artigiani, lentamente, con calma, come un fotografo che sviluppa da sé la pellicola».
Lei poi è una star della rete.
«Sono contento che la musica di un certo tipo abbia trovato spazio anche sul web. Io non ascolto molta musica ma mi sembra che questo non sia un periodo esaltante in quanto a novità. Io parto dalla musica classica per arrivare a quella contemporanea e per fortuna ho dei grossi riscontri in rete».
Ha fatto anche dei concerti via Internet.
«Alcune volte mi sono collegato con un gruppo di fan per suonare e per avere in diretta un parere sulla mia opera».
Si sente uno sperimentatore?
«Non particolarmente, il mio interesse è quello di cercare nuove strade al pianoforte. È il mio pensiero che cerca di essere innovativo».
Le piace essere definito un pianista classico?
«Sì ma il pianista classico è diverso da me, perché di solito esegue un repertorio storico».
Ora sarà in
tournée fino a fine anno.«Sì, metto in pratica quello che cerco di produrre con la musica. Sarà un lungo giro di concerti, torno anche negli Stati Uniti, dove ho un pubblico - e mi fa molto piacere - attento e fedele».
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