In occasione di una cena per pochi intimi dopo un evento culturale romano di una dozzina di anni fa, mi si sedette accanto. Non avevo la più pallida idea di chi fosse e, naturalmente, lui non poteva sapere chi fossi io. Ben presto, notai la deferenza con cui gli altri commensali gli si rivolgevano e ipotizzai che quello strano americano che di quando in quando nella conversazione infilava un'espressione stentata in italiano, avesse a che fare con il mondo del cinema. Fuochino: una delle altre persone al tavolo, percependo la mia curiosità, mi sussurrò che era il compagno di Laura Morante, al tempo particolarmente in auge, e che era il famoso scrittore Barry Gifford, un nome che non mi disse nulla.
Tornato in albergo, iniziai a fare ricerche online e a chiedere lumi ai miei amici scrittori americani. Qualcuno non lo aveva mai letto e qualcun altro me ne disse un gran bene. Joe R. Lansdale, per esempio, sostenne che si conoscevano, aggiungendo: «Parlavamo spesso al telefono quando lui era un editor della Black Lizard. La scena della JR's Steakhouse nel film Cuore selvaggio è stata girata a Nacogdoches, la mia città, e JR sono volutamente le iniziali del mio nome. Barry Gifford è un talento letterario originalissimo che si ispira ai libri e ai film classici noir, con un occhio modernista, sempre pronto a cogliere le cose in modo diverso dalla media». Per dirla tutta, Cuore selvaggio non mi era piaciuto per niente, mentre di Strade perdute, film successivo di David Lynch sceneggiato da Gifford, non avevo capito nulla. L'intrigo cresceva.
Suppongo che Gifford se ne sia tornato definitivamente in America, pur mantenendo grande passione per l'Italia, e che la sua storia d'amore con una delle attrici italiane di punta sia acqua passata. Di certo, gli echi di quella relazione non si avvertono particolarmente in Il mondo di Roy (Jimenez Edizioni, pagg. 592, euro 25, traduzione di Michela Carpi), una sorta di non-romanzo o, meglio, di autobiografia romanzata costruita attraverso una serie lunghissima di raccontini aventi come personaggio principale il vero e proprio alter ego dell'autore, il giovane Roy, già protagonista di Wyoming, un romanzo imperniato sui dialoghi, una sorta di seduta di psicanalisi a cui il popolo americano si sottopone attraverso gli occhi di un bambino in giro per il Paese con la madre, prima che il disincanto dell'età adulta prenda il sopravvento. Quel bambino e quel mondo riappaiono appunto in Il mondo di Roy. I passi di Roy sono scanditi da riflessioni di poche pagine l'una, talvolta di mezza pagina, scritte quasi in forma di diario su un arco temporale di poco meno di 50 anni.
Illuminanti sono le parole con cui l'autore, nato a Chicago nel 1946, apre il libro: «Questa è storia raccontata a modo mio, una serie di episodi intrecciati basati su eventi reali e immaginari... le storie di Roy si avvicinano più a un'autobiografia che a qualsiasi altra forma letteraria». E le storie sono corredate, di quando in quando, da disegni dello stesso Gifford, a testimonianza di uno spirito creativo a tutto tondo. I capitoli, sempre che li si possa definire tali (considerato che hanno un titolo e non un numero), sono espressioni brevissime in prima o in terza persona.
Si capisce perché uno scrittore del calibro di Joe R. Lansdale abbia sempre provato attrazione per la prosa di Gifford, ma soprattutto per la tematica a lui più cara: il momento misterioso del passaggio di un individuo all'età adulta in America. Entrambi, in fondo, sono nativi del Sud, anche se Lansdale nel suo Texas Orientale vive tuttora, mentre la vita di Gifford è stata più errabonda.
Roy sembra restare in bilico su quel confine arcano in tutte le pagine del libro, come se Gifford abbia voluto analizzarne il percorso di crescita al rallentatore, rappresentando la propria maturità di uomo e autore in evoluzione, più della maturazione del suo giovane protagonista. Ed è significativo che, almeno superficialmente, non si noti un cambiamento stilistico.
La carrellata di personaggi che popolano le pagine di Il mondo di Roy pone il suo giovane protagonista e il lettore in relazione con l'America più vera, quella che Roy si sforza di conoscere e di cui Gifford sembra andare alla ricerca: sbandati, gangster, semplicioni, barboni, prostitute, adulti in difficoltà, viaggiatori senza meta, giovani privi di una direzione chiara. Tale varietà di figure fa automaticamente pensare ai grandi narratori statunitensi che devono essersi impressi nel suo primo subconscio letterario: Mark Twain, Ring Lardner, Jack Kerouac, J.D. Salinger, ma anche Theodor Dreiser e Nelson Algren. Ci sono esponenti della malavita di Chicago (pare che lo stesso padre di Gifford gestisse intrallazzi poco limpidi), campioni di baseball, pastori di anime e spacciatori di droghe.
Le semplici, talvolta eccessive storie raccontate sono spesso figlie delle chiacchiere fatte con il nonno (l'immigrato austriaco Ezra, chiamato affettuosamente Pops) o con il papà, nel suo drugstore di Chicago, oppure in macchina con la mamma, e vertono sugli argomenti più disparati a cui un bambino curioso possa accostarsi: le inezie della quotidianità,
con gli alti e bassi della scuola e i primi slanci di socializzazione, ma anche i massimi sistemi, ovvero la lotta tra bene e male e i turbamenti ancora incomprensibili del sesso. Insomma, un mondo, il piccolo mondo di Roy.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.