Non avendo una laurea, come Benedetto Croce, ma un diploma in agraria, come Massimo Recalcati, non avendo concesso allo Stato di interferire con le mie letture, come Giuseppe Prezzolini, considerando socialmente e intellettualmente esiziale la vanità dei titoli di studio, come Luigi Einaudi, ho sempre parteggiato per il Privatdenker, figura di pensatore solitario e libero impersonata nel Novecento innanzitutto da Emil Cioran. Di cui non rammentavo solidi eredi fino a quando l'editore Aragno non mi fatto arrivare sulla scrivania l'immane Saggio sullo Zarathustra di Sossio Giametta, grande nicciologo dalla biografia rara come il nome di battesimo: nato a Frattamaggiore (Napoli) e residente a Bruxelles, non laureato in filosofia e traduttore di tutto Nietzsche per Adelphi, Rizzoli, Utet, Garzanti, Edizioni di via Senato. Altra singolarità: classe 1929 e lestissimo a rispondere a mail e whatsapp.
Tu, che non sei laureato in filosofia e che non hai mai insegnato, ti ritrovi nella definizione di Privatdenker?
«In pieno. Se sono filosofo, lo sono per intima compulsione, cioè per vocazione (ho sempre pensato: per sfizio), non per professione, e con poca erudizione. Sono un filosofo wild, selvaggio, come le spigole non di allevamento».
Occuparsi di filosofia senza essere professori di filosofia non è facile, se non si è ricchi di famiglia come Andrea Emo. O si vive in una soffitta come Cioran o si trova un lavoro parallelo, come hai fatto tu. Mi racconti?
«Ero al servizio linguistico del Consiglio dei ministri della Cee, dal 1965 al 1994. I documenti allora dovevano essere tradotti in tutte le lingue ufficiali degli Stati membri. Io lavoravo dal francese, dall'inglese e dal tedesco, prima come traduttore, poi come revisore, infine come capo tecnico della divisione italiana».
All'esegeta nicciano, all'autore del Saggio sullo Zarathustra, chiedo una cosa che mi sta molto a cuore: Dio è davvero morto?
«Lo si chiami Dio, lo si chiami Essere, è un'immensa realtà che ci sta di fronte e anche dentro, come ben afferma Spinoza. Id quo maius cogitari nequit. E tuttavia è inaccessibile, per strapotenza. Ci incenerirebbe istantaneamente se potessimo avvicinarci a lui, come il sole ci acceca se lo fissiamo».
Dunque, per quanto irraggiungibile, Dio è vivo mentre invece Nietzsche è morto?
«Il Dio personale, amorevole, provvidente è morto. Nietzsche è vivissimo come approdo finale dell'età moderna. Secondo una triade hegeliana, l'antichità classica è la tesi, il Medioevo cristiano l'antitesi, l'età moderna la sintesi. Vedi Croce, Perché non possiamo non dirci cristiani...».
Mi toccherà rileggerlo. Tu scrivi ripetutamente, suscitando un certo sconcerto in me e credo in qualunque lettore, che Nietzsche non va considerato un filosofo. Che cos'è allora?
«Un poeta, un moralista, uno psicologo, un Kulturkritiker (critico della civiltà), un filologo, un genio religioso (laico)».
Non lo dici in modo esplicitissimo ma mi è parso di capire che consideri lo Zarathustra una delle basi filosofiche del nazismo. E pertanto, immagino, dell'eugenetica presente e futura...
«Non è solo quello e non in primo luogo quello, ma è anche quello. Nell'empireo della filosofia Nietzsche ha creato il cuore del nazismo. Dopo aver abbattuto sistemi e costumi, istituzioni e tradizioni, religioni e morali, negando libertà e responsabilità, gli restava solo la natura: Le creature sotto il sole cocente, tigri, palme e serpenti a sonagli. Propugnava l'allevamento dell'uomo e il divieto di matrimonio per i sifilitici. Il superuomo, in quanto oltreuomo, è darwinismo, anche se lui lo nega».
Sì, nel saggio fai presente che il concetto di superuomo è figlio del darwinismo. Questo secondo me conferma che dall'evoluzionismo può discendere soltanto un pensiero disumano: secondo te?
«Il darwinismo è una grande scoperta, non della sublime spiritualità a cui arrivano gli uomini, ma delle loro origini umili. Resta nel regno della natura diciamo bassa, e di per sé, certo, non ispira pensieri alti. Si può ritenerlo però una lezione di umiltà».
Quando parli di Nietzsche come enigma irrisolto cosa intendi? Che cosa, dopo innumerevoli studi sull'opera e sull'autore, ancora non capiamo di lui?
«Non è stato capito che Nietzsche è l'approdo finale del processo multisecolare di laicizzazione che dà il carattere all'età moderna. Lui si riteneva indipendente e inattuale e invece è l'incarnazione inconsapevole della crisi europea (il tramonto dell'Occidente) nei suoi tre aspetti: crisi della filosofia, crisi della civiltà, crisi della religione. Dunque era attualissimo e dipendentissimo. La crisi si irradiava sordamente in tutti i campi di attività: filosofia, politica, arte, morale, religione, diritto, economia eccetera. Col suo pensiero, Nietzsche le ha dato forma, l'ha legittimata e accelerata».
E tu, con questo volume di 854 pagine, hai svelato ogni arcano.
«Io ci lavoro sopra da sessant'anni, ho tradotto
tutte le sue opere e le ho spiegate nei miei saggi, l'ultimo dei quali è Saggio sullo Zarathustra. I nietzschiologi stanno a quello che Nietzsche ha detto, io a quello che Nietzsche ha fatto, che non è quello che ha detto».
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