Non esiste mondo più cinico, perché si nasconde dietro la parola Cultura, dell'editoria. Così come non esiste categoria più smemorata, perché indossa la maschera dello snobismo, degli intellettuali. Oreste del Buono, OdB, oh oh oh... ohibò... Ma chi era quello lì? Era quello che - tra tante tante cose - fece la fortuna di molti grandi editori: Garzanti, Feltrinelli, Mondadori, Rizzoli, Einaudi, Sonzogno, Baldini Castoldi... dove fu consulente editoriale, lettore, direttore di collana, traduttore...
Eppure nessuno dei grandi editori lo ricorda più. Al netto di pochi articoli commemorativi per il decennale della morte, nel 2013 (e di un giardino a lui dedicato, davanti al Museo del Fumetto, a Milano, nel 2015), pochi si ricordano ogni tanto del vecchio Oreste del Buono (1923-2003), elbano di nascita, romano di morte, milanese per questioni giornalistiche ed editoriali, una granitica ideologia di sinistra e un'abbondanza di idee bipartisan. Ecco, gli editori. Già. Defilatisi i grandi, in altre faccende libresche affaccendati e che non ripubblicano più né i suoi libri (L'antimeridiano è rimasto fermo al volume 1, il 2 è fallito) né le sue fantastiche antologie (I grandi ladri, o i Figli di Mammasantissima, a esempio), per fortuna ogni tanto riappaiono i piccoli. Sono loro che fanno il lavoro sporco di rispolverare la memoria di Odb. Ed ecco qui: tra la fine dello scorso anno e oggi c'è qualche nuovo titolo da segnalare. Il primo: Francesco Vanagolli (un elbano...) ha raccontato il gigantesco lavoro del più eclettico dei nostri intellettuali (scopritore di talenti, osservatore curioso, appassionato di prodotti masscult) nella diffusione del fumetto in Italia: Oreste Del Buono da «Bertoldo» a «Linus» (edizioni Il Foglio), dalle sue prime vignette alla direzione di L'Eternauta. Il secondo: la Fondazione Mondadori ha raccolto sotto il titolo L'infaticabile OdB, a cura di Giovanna Rosa, una serie di interventi d'autore (da insigni italianisti a Gino&Michele, che pubblicarono il loro bestseller Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano da Einaudi grazie proprio allo zio Oreste) sul lavoro editoriale, giornalistico, cinematografico (iniziò col cinema nero, finì con lo spaghetti western), fumettaro, calciofilo (tifosissimo del Milan e biografo di Gianni Rivera) e narrativo del Nostro. Mentre Nico Bartolini ha trasformato la sua tesi di laurea in un bel saggio, Oreste del Buono, un elbano eccellente. Il «fondo» Oreste del Buono: articoli e interventi su «Lo Scoglio» e il «Corriere della Sera» (edizioni Persephone) che è un'accurata ricostruzione critico-filologica del suo terzo o quarto mestiere, per riviste e giornali, e una riflessione sulla sua modernissima analisi della società italiana anni Ottanta.
Bene.
E dunque? Come direbbe Oreste del Buono, «Niente. Così, per dire». Per dire che sull'outsider-intelletuale, lettore famelico e inquieto inventore di iniziative editoriali Oreste del Buono non tutto - per sua e nostra fortuna - tace.
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