Luca Salsi (1975), il protagonista di Macbeth, oggi in apertura della stagione della Scala, è diventato baritono respirando la stessa aria di Giuseppe Verdi, che di Macbeth è il creatore. Cantante e compositore sono nati a 15 chilometri (e 162 anni) di distanza. Ed è nella sua Parma che Salsi ha trascorso il giorno e mezzo prima del grande esame: la prima della Scala, oggi in diretta su Rai 1 dalle 17,45. Incarna uno dei personaggi più spietati del melodramma. Incalzato dalla gelida Lady Macbeth, il soprano Anna Netrebko, ammazza e fa ammazzare re, famiglie, l'amico Banco, l'ottimo basso Ildar Abdrazakov, finendo per essere ucciso da Macduff, il tenore Francesco Meli. Salsi è stato Macbeth un centinaio di volte, in 12 produzioni, ha dunque avuto modo di tornire il personaggio, passando anche sotto la lente di un verdiano di riferimento come Riccardo Muti. Per questo 7 dicembre, il lavoro di scavo l'ha fatto con Riccardo Chailly, direttore musicale della Scala, e Davide Livermore che firma la regia teatrale e televisiva.
Da un mese, ogni santo giorno, Lei indossa e smette i panni di un criminale. Fare Macbeth turba il sonno?
«Per fortuna riesco a staccare. Vita e teatro sono due cose diverse. Quando finisco, finisco».
Sabato, siete andati in scena per un pubblico sotto i 30 anni. Lì cosa ha funzionato a meraviglia al punto che vorrebbe replicarlo oggi?
«Mi ha soddisfatto l'intero Terzo atto, spero rifarlo identico stasera. Sento di averlo gestito molto bene: bisogna arrivare freschi al quarto atto, e così è stato. Il problema di Macbeth è che ti ritrovi l'aria più famosa e impegnativa alla fine, quando sei già mezzo cotto. In più, stavolta abbiamo aggiunto anche l'aria della morte che io ho chiesto come regalo, e Chailly me l'ha concesso».
Vedremo molti cadaveri, armi, sangue. Un Macbeth particolarmente violento?
«Non più di altri. Macbeth è così. È un'opera senza luce, senza amore, cupa. Io sono un guerriero sanguinario, feroce, anche se poi nella quotidianità ho problemi ad uccidere. Infatti quando questo accade, inizio a vedere ciò che altri non vedono, per esempio Banco lo vede solo al banchetto».
E qui entra in campo Inception, film al quale s'è ispirato Livermore. Si ritrova in questo parallelismo?
«Avevo già visto Inception, e poi l'ho rivisto per l'occasione. Sì, trovo moltissimi riferimenti, tutto questo subconscio, questo vivere in una vita parallela che sembra irreale».
Anna Netrebko dice che questa è una delle produzioni più complicate mai affrontate. Condivide?
«Vero. È molto, molto faticosa. Ci sono tanti movimenti, il palcoscenico va su e giù. Io devo scendere di corsa dalle scale brandendo una spada pesante, e poi devo cantare. I momenti di riposo sono brevi, perché devi tenere la tensione sempre alta, soprattutto quando ci sono riprese tv».
Le piacciono le quinte di ledwall, questo strizzare l'occhio al set cinematografico?
«Se usati sapientemente, i ledwall sono il futuro dell'opera. Avvicinano molto anche le nuove generazioni. Serie tv e film sono fatti così, pensiamo che siano ambientati chissà dove e invece sono girati in uno studio. Dobbiamo usare tutto ciò che può modernizzare l'opera, basta rispettare il nocciolo della storia».
Lei è nei cartelloni di tutto il mondo e spesso la chiamano per opere di Verdi. Ma in quali teatri le orchestre sanno ricavare un suono verdiano, di nobiltà italiana?
«Confesso che questo si verifica raramente purtroppo. Ma sono due i teatri dove Verdi è salvo: La Scala e la Staatsoper di Vienna».
In tema di eleganza italiana. In scena indosserà anche un abito Armani come Macduff?
«Sarà il mio ultimo soprabito».
Che effetto fa sapere Placido Domingo tra gli spettatori?
«Davvero? Se Placido ci sarà, lo abbraccerò volentieri».
Causa pandemia, è saltata la leggendaria cena dei quattrocento del dopo Prima. Cosa farete voi artisti?
«Penso che andremo a cena tutti assieme come abbiamo fatto in queste settimane di prove».
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