nostro inviato ad Ancona
Il fischio di Trinità, i fagioli con le cotiche, un bel disco di liscio e magari uno in inglese. Pensa sempre positivo Lorenzo Cherubini. E tornato dall'America più (cartone) animato che mai. Venerdì sera al Del Conero di Ancona ha inaugurato la prima data negli stadi, Il «Back Up tour». In 22mila hanno ballato fino a mezzanotte davanti a tre caleidoscopici maxischermi, mentre Milano già attende due notti, 19 e 20 giugno, da tutto esaurito. Un tour de force macinato con gioia nonostante il micidiale torcicollo e 450mila watt di potenza che spappolavano le basse frequenze e attentavano all'udito. Lo show che sdogana Gimmefive, il brano dell'infamia proposto per la prima volta in un concerto, ed è stato un trionfo. Farcela con Classe di Ferro - scritta in cambio di dieci giorni di licenza premio - sarebbe stato chiedere troppo.
Vendetta per chi, era il 1988, era accusato di eccessiva leggerezza.
«Ma guarda che Gimmefive è una figata, funziona, hai visto come ballavano? E poi io ho sempre fatto musica per far festa, no?. Ai ragazzi che cominciano questo lavoro consiglio sempre di buttarsi sulla dance, ti fa conoscere un sacco di gente e non passa di moda».
Si vede che ti diverti come un matto sul palco.
«Che fatica però, faccio i chilometri su questo palco circolare. Sarei stramazzato al suolo senza un'adeguata preparazione fisica».
Stavolta non manca nulla in scaletta, i brani che contano ci sono tutti.
«Per celebrare i miei primi 25 anni di carriera ho messo su un greatest hits dal vivo. Bello no? Mi piace dire al mio pubblico che ce l'ho fatta. E sta parlando uno che viene da un giradischi e da una discoteca romana (Il Veleno) che se andava bene si riempiva per metà, eravamo quattro gatti».
Apri il concerto con il Franco Micalizzi di «Lo Chiamavano Trinità»: cos'è, ti piacciono i film di Terence Hill e Bud Spencer?
«Vuoi mettere la scena dei fagioli spadellati? Ogni volta che la vedo mi viene voglia di farmi una bella cofana. Che figata. La verità è che un bel film di Trinità regge alla distanza molto meglio di certi mattoni tipo Professione Reporter o Zabriskie Point. Cose che al tempo venivano ridicolizzate, ora risultano mitiche».
La pop art secondo Jovanotti?
«Con il pop non si scherza: è la cultura del Novecento, altro che disimpegno. Io ce la metto tutta per risollevare l'umore generale degli italiani, ragazzi siete troppo tristi, lo so che viviamo in tempi di crisi permanente, però bisogna reagire».
Ricette da suggerire?
«Lo sai che negli Usa il quarto posto più visitato è Eataly?, lo sai che se vedi un vestito fighetto, beh, quello è con tutta probabilità fabbricato in Italia? E così è per le scarpe, per gli accessori. Abbiamo buon gusto in tutto quello che facciamo, tiriamoci su che siamo forti».
La ripresa secondo Lorenzo d'America?
«Ho vissuto un anno negli Stati Uniti e ho capito che i nostri giovani devono innestare una marcia più alta, muovere il culo, rompere il meccanismo della lamentela. Devono viaggiare, faticare, avere più coraggio. Tutto questo senza garanzia di successo ma solo volontà. Lo sapete, dentro sono di sinistra, ma l'Italia deve capire che la globalizzazione non è un peccato. L'idea della decrescita felice è pura follia. La decrescita felice è un evento personale, privato che non può fare parte di un'agenda politica».
Lorenzo, ma come ti sei vestito?
«Come Elvis, tutto d'oro, che spettacolo, faccio la rockstar».
Prima però devi allargare gli orizzonti...
«Ho in mente un disco in inglese, l'ho già detto alla mia casa discografica, mi faranno sapere».
Altre scommesse?
«Un disco di liscio, ma fatto bene, secondo me è una musica che può fare il botto nel mondo, poi magari mi sbaglio...».
La notte volge al termine. Tutto è andato per il verso giusto, non ha piovuto e la tournèe sarà un successo.
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