Pupi Avati a ruota libera: "Fascismo? Chi ne parla non lo conosce"

A Un giorno da pecora, Pupi Avati ha parlato a ruota libera di politica e cinema. Ha raccontato la sua esperienza con il fascismo e di quando gli soffiarono il Golden Globe, con un interessante cross over tra i due argomenti

Pupi Avati a ruota libera: "Fascismo? Chi ne parla non lo conosce"

Il regista Pupi Avati è stato ospite di Un giorno da Pecora, il programma di grande successo di Rai Radio1 con Giorgio Lauro e Geppi Cucciari. Senza giri di parole, l'uomo ha affrontato a viso aperto molti argomenti di attualità senza risparmiare commenti sull'attuale situazione politica del Paese. Quando il discorso è scivolato sul tema del fascismo, Pupi Avati ha dimostrato di avere le idee molto chiare in materia, anche per la sua esperienza personale.

Nato nel 1938 e in pieno Ventennio, Pupi Avati ha conosciuto in prima persona il fascismo e ne ha visto gli effetti, soprattutto ha vissuto sulla sua pelle la Seconda guerra mondiale. Anche per questo motivo rifugge e nega che il periodo storico che stiamo vivendo sia, come dicono da alcune parti, l'anticamera di un nuovo fascismo che avanza. “Io il fascismo l'ho vissuto ed è stata una cosa terrificante, non lo si può paragonare a niente, non c'è nessun tipo di premesse per cui oggi si possa correre questo rischio. Non mi sembra che ci sia nessun pericolo democratico, né da destra né da sinistra”, ha detto Pupi Avanti ai microfoni di Un giorno da pecora.

Una dichiarazione forte e netta la sua, che ha delle basi fondate in un vissuto personale del passato che in pochi, oggi, possono raccontare con la stessa lucidità. “La sinistra ha bisogno di utilizzare qualche spauracchio. Mi permetto di dire che non ci sono le condizioni: chi lo dice non sa cosa sia stato il fascismo, totalmente. Durante il fascismo mio nonno e mio padre rimasero chiusi in casa tre anni, uscendo solo la notte. Io l'ho vissuto purtroppo”, ha detto non senza un filo di risentimento il regista, la cui esperienza può essere d'insegnamento alle nuove generazioni.

Pupi Avati è nato a Bologna, una delle storiche roccaforti di sinistra del nostro Paese e le imminenti elezioni per il rinnovo del consiglio regionale sono state l'assist perfetto per far esprimere il regista in merito alle sue preferenze per il presidente della Regione: “La domanda mi crea imbarazzo, non posso esser sincero. Se dico una cosa so che un dolore ad una parte dei miei cari, e viceversa...” Di certo c'è che Pupi Avati non è interessato alla proposta del Movimento 5 Stelle: “Tutte queste cose dettate solo dalla protesta non mi interessano molto.

Non c'è stata, però, solo la politica nella lunga intervista di Pupi Avati a Un giorno da pecora, dove ha affrontato anche temi inerenti al cinema, il suo campo. Ha raccontato di quella volta che perse il Golden Globe per Il Testimone dello sposo nonostante fosse convinto di averlo vinto: “Andai alla serata in smoking, c'era tutta Hollywood. Mi fecero addirittura scendere i tre gradini come prova per andare a ritirare il premio. Quando annunciarono il 'best foreign movie' mi alzai, feci i tre gradini, ma il titolo del film vincitore si riferiva ad una pellicola olandese: rimasi li in piedi come un coglione, davanti a tutti. Tornato a Roma, mio fratello rimase in camera con me tutta la notte, seduto al mio fianco, perché era sicuro che mi sarei buttato di sotto..” Ai microfoni di Un giorno da pecora ha anche raccontato di quando ha provato una fortissima invidia nei confronti di Lucio Dalla, chiamato dallo stesso Avati nella sua Jazz Band come suonatore di clarinetto, lo stesso suo strumento. Durante un concerto Lucio Dalla rivelò il suo talento straordinario, al contrario di quanto Pupi Avati immaginava. “Ho sperato fortemente che morisse, ma non c'è stato niente da fare – ha detto ridendo - Io sono una persona invidiosa, preferisco gli insuccessi altrui che i miei successi.

I conduttori hanno poi cercato di mixare politica e cinema con Pupi Avati e il risultato è stato un colpo di genio da parte del maestro. Giorgio Lauro e Geppi Cucciari gli hanno chiesto di immaginare quali ruoli assegnerebbe ai politici di oggi in un film corale: “Sarebbe perfetto come direttore di ristorante di grande classe, alla Carlo Cracco, sarebbe seducente e attento, Renzi potrebbe fare il cameriere del ristorante di fronte a quello di Conte. Di Maio sarebbe il poliziottino, piccolino, che rimane in macchina, che sta alla guida.

Salvini potrebbe fare il cantante di liscio, quello che cucca le spose sull'Adriatico, su quelle barche che fanno piccole crociere. Zingaretti potrebbe fare il ginecologo e la Meloni la postina di un luogo come Castelfidardo. Mattarella forse potrebbe fare il sacerdote.”

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