"La Storia? È spinta dall'innovazione"

Il guru tecnologico: "L'Italia cerchi un suo modello, come fece nel '46"

"La Storia? È spinta dall'innovazione"

Ha «un'anima italiana» Alec Ross, lontane origini abruzzesi, guru tecnologico durante la campagna di Obama, consigliere per l'innovazione con Hillary Clinton, oggi pendolare fra gli Stati Uniti e l'Italia, dove insegna alla Business School dell'Università di Bologna. E infatti, per raccontare il suo nuovo saggio, I furiosi anni Venti. La guerra fra Stati, aziende e persone per un nuovo contratto sociale (Feltrinelli, pagg. 302, euro 19) parla con i giornalisti in italiano, lingua che gli insegnò suo nonno a Roma quando era ragazzino e, poi, Umberto Eco, quando venne a studiare Storia medievale in Italia. «Per me la storia spiega il futuro - dice - Se penso al 2021, credo che, per l'Italia, somigli al 1946. L'Italia era nell'abisso, era povera, indietro rispetto agli altri Paesi nell'industrializzazione come oggi lo è nella digitalizzazione, era una nazione sconfitta. Ma dall'abisso è risalita un'onda, che ha portato l'Italia a crescere e crescere, fino al boom degli anni '60». La stessa onda che, oggi, potrebbe spingerci a risalire, «dalla distruzione, dai 125mila morti di Covid, dai dati che vedono l'Italia come uno dei Paesi più danneggiati, economicamente, dalla pandemia».

Su un parallelo storico si basa l'intero saggio di Ross (il paragone con gli anni '20 del Novecento), ma anche un altro punto cruciale della sua tesi: come, nell'Ottocento, l'industrializzazione è stata il motore dell'innovazione politica e ha portato a un contratto sociale che regge ancora, due secoli dopo, così oggi, che quel contratto deve essere «riscritto, in modo che rifletta la realtà della globalizzazione», è alla tecnologia (post-industriale) che tocca questo compito. E l'Italia, in questo cammino, «non deve scegliere fra modello cinese o americano: serve un modello italiano, europeo, anche perché gli Usa sono un paese diviso, tribale, non più in grado di gestire gli affari come prima». Caratteristica del «nostro» (dice proprio così...) modello è «la connessione»: «In Italia, le nostre vite economiche sono connesse: vado dal fruttivendolo, dal farmacista, e c'è una rete legata alla comunità. In America questo non c'è più e, forse, è una delle cause della rabbia che la divora, il frutto di quello che abbiamo perso.

L'Italia deve difendere le sue imprese, la sua cultura e i suoi valori. Chi avrebbe detto, due anni fa, che il leader più credibile dell'Occidente fosse quello italiano? Ho visitato 190 Paesi e l'Italia è molto, molto meglio di quanto i suoi critici sostengano...»

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