Un tempo il fan, soprattutto se rockettaro, non poteva tollerare che la sua band, il suo idolo fosse associato a un marchio commerciale. I divi cercavano con una certa circospezione i necessari sponsor per i tour e concedevano raramente i brani per gli spot tv. Oggi, dice un'inchiesta di Billboard , le cose sono totalmente cambiate. L'industria discografica è in grave crisi, e i promoter stanno anche peggio. In questo quadro poco danaroso, i marchi sono le nuove «banche» delle star. I brand, insomma, hanno i soldi che servono alle band per realizzare i propri progetti. E le band hanno... Ecco, cosa cercano i brand nell'associarsi ai grossi nomi del pop? Iniziamo con cosa non cercano. Non cercano un volto per la propria azienda. Non cercano neppure, almeno non sempre, un immediato incremento delle proprie vendite. Cercano informazioni con la «scusa» di mettere in contatto fan e band. Attraverso le sponsorizzazioni, puntano a generare un giro d'affari oculato: la grande azienda vuole arrivare sul mercato al momento giusto col prodotto giusto per la persona giusta.
Gli apripista di questo nuovo mondo furono gli Who. Nel 1982 si unirono alla birra Schiltz nell'organizzazione di una serie di concerti negli Stati Uniti. La rivista Rolling Stone reagì dando a Pete Townshend e soci dei venduti. Il gruppo ne uscì maluccio dal punto di vista dell'immagine. La birra, invece, secondo Time magazine spese quasi due milioni di dollari ma ne guadagnò circa «10mila di pubblicità gratuita per ogni mille versati». Il colpo ha fatto scuola. Per cui oggi non stupisce la joint venture Apple-U2. La Apple ha sborsato - pare - 100 milioni per la realizzazione dell'album. In cambio spera di ottenere nuovi dati personali da utilizzare per fornire servizi legati al nuovo metodo di pagamento chiamato Apple Pay (secondo l'azienda di Cupertino metterà in ginocchio le carte di credito). Tutta da valutare la riuscita dell'operazione per gli U2: sono rimasti schiacciati dal marchio oppure no? Secondo gli esperti interpellati da Billboard , lo sapremo solo dall'accoglienza riservata al prossimo disco del gruppo irlandese.
Nel frattempo i nomi grossi non stanno a guardare. Il mega-tour mondiale di Jay-Z e Beyoncé, la coppia più ricca del rap, ha un partner bancario, la J.P. Morgan, attivissimo nel settore musicale (ha una divisione dedicata proprio a questo lavoro). Inutile dire che anche J.P. Morgan vuole «mettere in contatto» i fan con Jay-Z e Beyoncé. Ovvero vuole i loro dati. Jay-Z poi aveva preceduto gli U2, sul piano «ideologico», regalando un milione di copie del disco Magna Carta (2013) ai felici possessori di certi modelli di smartphone Samsung. Bastava scaricare una App e via.
I Metallica volevano creare un evento speciale nel Sud America, dove hanno un enorme seguito. Si sono rivolti alla Coca Zero, e hanno messo su un concertone al Polo Sud. Non ne avete avuto notizia? È perché Lars Ulrich, batterista e mente dei Metallica, ritiene che i fedelissimi metallari nordamericani ed europei non l'avrebbero presa benissimo, essendo tuttora refrattari alle sponsorizzazioni.
Vi ricordate quando Lady Gaga, di recente, si fece vomitare addosso sul palco? Ecco, non era un palco qualsiasi. Era il palco Doritos del South By Southwest Festival, ad Austin. La performance fu finanziata dalla ditta di patatine, che voleva un evento controcorrente rispetto al proprio stesso business.
Volendo, si possono accumulare esempi su esempi. La autrice e cantautrice Charli XCX, appena esplosa negli Usa, è molto ambita. Si accaserà anche lei con la Samsung. Come hanno già fatto i Train, vecchie (neanche troppo) volpi delle classifiche. Taylor Swift, da quando ha detto addio al country per gettarsi nel mercato globale del pop, è diventata un marchio ambulante. Vuoi incontrarla nel backstage del concerto? Compra una lattina di Diet Coke in edizione limitata presso la catena di sandwich Subway e spera di trovare il codice vincente. Costo dell'impresa: dieci milioni di dollari per sei settimane. A proposito di Diet Coke, la campagna del 2013 per il nuovo «fresco» singolo, l'ha pagata la bevanda (26 milioni di dollari). E poi ci sarebbe, tra le altre cose, anche l'alleanza con Papa John's, catena di pizzerie con consegna a domicilio (pronto, una pizza peperoni e l'ultimo cd di Taylor Swift: novemila copie vendute in una settimana in questo modo).
Prima che i sacerdoti del sacro rock si indignino, c'è da comunicare un dettaglio
fondamentale. I marchi nel processo creativo non intervengono: non interessa loro. Farebbero però volentieri a meno dei discografici, ritenuti mediatori inutili e velleitari, essendo per la maggior parte senza un centesimo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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