Il viaggio senza speranza di due donne verso il lato più selvaggio del Midwest

Tiffany McDaniel racconta la periferia degli States come nessun altro

Il viaggio senza speranza di due donne verso il lato più selvaggio del Midwest

Trovare la bellezza nel lato selvaggio della vita, in quel lato oscuro che dentro o fuori di noi ci fa spesso precipitare nel buio dell'esistenza. Come le due protagoniste del romanzo Sul lato selvaggio di Tiffany McDaniel, appena pubblicato in anteprima mondiale dalla casa editrice Atlantide. La scrittrice, nata nel 1985 in Ohio, è oggi considerata tra gli autori statunitensi più innovativi -grazie a uno stile che molto spesso si avvicina alla poesia- e al contempo tra le poche a riuscire a descrivere oggi il MidWest, quel pezzo degli Stati Uniti dove tradizione e innovazione spesso diventano un cortocircuito che sfocia in un devastato e devastante disagio sociale. Dopo il successo mondiale del suo primo romanzo E l'estate sciolse ogni cosa che per primi in Italia abbiamo raccontato proprio su queste pagine- Tiffany McDaniel- è oggi paragonata a grandi scrittori classici come Carson McCullers, Shirley Jackson e Harper Lee e a maestri contemporanei come Stephen King.

La storia è quella di due sorelle cresciute a Chillicothe, prima capitale di un Ohio dove Bene e Male si fronteggiano in modo diretto, quasi primitivo, tra tenerezza e crudeltà in un susseguirsi di luci e ombre, di squarci nel muro dell'ipocrisia e nel buio più profondo delle paure che da sociali diventano ancestrali perché «La nostra prima colpa è stata credere che non saremmo mai morte. La seconda, credete che fossimo vive».

Sono figlie di un padre morto per overdose di eroina e di una madre che le alleva tra pipe di crack, siringhe e bustine vuote trascinandosi dal letto alla poltrona come un fantasma in «una casa che si porta addosso la propria tristezza». Sin da neonate crescono denutrite e disidratate («quando stavamo ancora nella culla ci andava di lusso se ci davano un biberon di latte al giorno»).

Crescono così giurandosi che «non saremmo mai diventate come nostra madre. Una donna che camminava come il suo scheletro fosse molle» ma presto conoscono l'uso della droga e di tutte le sue conseguenze sino a raggiungere luoghi invisibili allo sguardo comune.

Sul lato selvaggio (traduzione di Luca Briasco, pagg. 340, euro 26) racconta come l'unica bellezza sia paradossalmente proprio quella delle donne, quella della loro forza anche nell'essere vittime di se stesse.

Un romanzo brutale, che non risparmia niente al lettore: non gli risparmia la sensazione di stare leggendo una storia inutile perché brucia tra le dita come un telegramma che sta andando in fiamme. Eppure la forza letteraria di Tiffany McDaniel è di non metterci mai dalla parte di chi giudica, ma di consegnarci un romanzo che ha anche echi ottocenteschi come quelli di Emily Brontë: le cime tempestose sono le stesse, certo i tempi sono cambiati.

E si sente: pagina dopo pagina quando si comprende che è un libro che vuole essere metafora dell'America contemporanea: un'America che naviga a vista tra i fantasmi del proprio passato e le paure di un futuro che è sempre spacciato per progresso ma che evoca la minaccia di farci tornare tutti esseri primitivi. Come forse sta già accadendo.

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