Vita di Mazza, scatenato direttore pop (di talento)

Con quella faccia buffa e divertita, quel sorriso sornione di chi pensa, tra sé e sé, mo combino qualche marachella in compagnia dello spettabile pubblico, Gianni Mazza si è conquistato l'affetto profondo della gente. Il libro Non mi ricordo una Mazza. Trattato di amnesia consapevole (Bertoni) è la sua storia, raccontata da lui medesimo. Direttore d'orchestra, compositore, showman, arrangiatore: quante ne ha combinate in 78 anni? Tutto cominciò a Roma, con un papà ex marconista di aerei da guerra e una mamma venuta a mancare presto. La nonna era la colonna: fu lei a instradarlo al pianoforte, portandogli in casa una insegnante che nella foga sputacchiava, costringendolo quindi ad apprendere in fretta prima di doversi munire d'ombrello. La passione per la musica però era autentica: nasceva pure in Italia il rock 'n roll e nel suo piccolo diede un contributo a farlo attecchire, con una band rudimentale. Un'occasione d'oro arrivò più avanti grazie a Little Tony, che lo volle con sé: anni in cui girò il mondo, compresa la luminescente New York, scoprendovi novità assolute tipo Jesus Christus Supestar, che vide a Broadway rimanendone quasi atterrito, tale fu l'impatto visivo.

A un dato punto arrivò, a sfida delle sue timidezze, la ribalta televisiva. Cominciò con Corrado nel varietà Ciao gente!, per poi approdare coi suoi orchestrali nella «galassia Arbore», con le indimenticate performance musical-goliardiche di Quelli della notte e Indietro tutta. Il ricordo di Arbore è dolce e lo è altrettanto quello di Frizzi, col quale condivise i trionfi di Scommettiamo che...? e pure i rimbrotti del severo regista Guardì, pronto a redarguirli allorché li vedeva cazzeggianti.

Il ritratto si completa soffermandosi sul suo amore per il mare e non trascurando il più veniale forse tra i peccati, ovvero l'amare molto le donne e frequentarle copiosamente, facendo giocoforza soffrirne qualcuna. La donna più importante della sua vita, sua figlia Simona, però ha perdonato le sue assenze. Sul finale, scopriamo che è amareggiato dal trattamento che gli sta riservando la Rai, pur dissimulando il malessere con la consueta ironia.

«Lo so, molti di voi mi considerano solo un anziano che si è sempre rifiutato di crescere. Ebbene: avete ragione!». È bene che questo eterno fanciullo torni in tv e riprenda, là dove le ha interrotte, le sue birichinate.

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