
Prendere un gol come il secondo di Dortmund è molto più che un errore, non è nemmeno una papera, quindi lasciamo stare Paperumma e affini. È un incidente per somma di distrazioni, che, per quanto è stato grande, rischia di fare troppo piccolo tutto ciò che l'ha preceduto e seguito, comprese almeno due grandi parate del capitano azzurro, la prima proprio nell'azione che ha fruttato alla Germania il calcio d'angolo poi fatale.
Cosa facesse Donnarumma in mezzo all'area non è nemmeno chiarissimo: protestava con l'arbitro, avvicinandosi a lui da capitano? Rimproverava Buongiorno, che aveva appena perso un altro duello? Resta che l'errore è talmente grande da non essere classificabile, eppure gli resterà appiccicato addosso per sempre, come i tanti nomignoli, quasi tutti malevoli, che lo accompagnano dall'inizio di una carriera tutta in saliscendi. Eroe per il PSG nei rigori di Liverpool, dopo essere stato criticato per il gol preso all'andata, ieri Donnarumma ha chiesto scusa agl'italiani a mezzo social. «Dispiace per il risultato. Dispiace soprattutto per il gol preso in quel modo. Reazione da grande squadra. Ci vediamo a giugno! Ancora più forti! Forza azzurri... Sempre!». Vedremo con la Norvegia, ma non sarà semplice.
Dortmund almeno ci ha confermato che l'Italia ha trovato i gol che cercava. Abbiamo un centravanti. Non Retegui, infortunato e carta ancora più che buona da calare sul tavolo delle qualificazioni mondiali, ma Moise Kean, tre tiri e due gol, uno regalato e l'altro conquistato, l'alfa della nostra Nations League se Donnarumma ne è stato l'omega.
In stagione i gol di Kean sono già 23, 20 con la Fiorentina e 3 con l'Italia. Tanti in assoluto, tantissimi se si pensa ai precedenti 14 mesi giocati a Torino, senza mai segnare. «Affari loro, ci aspettavamo più considerazione dalla Juventus», dice rude suo fratello Giovanni, che in verità non parla esattamente di affari, ma tant'è.
E così, i 15 milioni (bonus compresi) che Commisso alla fine pagherà a Giuntoli e che la scorsa estate sembravano troppi, alla fine sono diventati un affare. Oggi tecnico, domani magari anche economico: nel contratto di Kean c'è la clausola di svincolo a 52 milioni, tanti ma in Europa nemmeno tantissimi.
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