Conoscendo le abitudini italiane, codificate da cento precedenti in materia e non solo nel calcio, c'è un grande pericolo da segnalare. Il rischio è che - per effetto delle decisioni del ct Mancini di restare alla guida della Nazionale, in perfetta sintonia con il presidente Gravina - si ritorni a parlare di calcio, ad azzuffarci sugli errori del var, a tifare per un campionato che ha recuperato interesse fino all'ultimo chilometro, dimenticando quel che è emerso dietro la dolorosa e storica sconfitta domestica con la Macedonia del nord. Il ct ha tutto il tempo, nelle prossime settimane, di meditare insieme con i suoi collaboratori, su qualche scelta discutibile (Insigne, Immobile) ma ciò che non deve mancare, a livello politico, è invece il processo di modernizzazione di cui ha un bisogno disperato il nostro calcio. È vero: le strutture qui intese come stadi sono fatiscenti. Il resoconto delle condizioni inadeguate - per usare un eufemismo - della sala stampa di Palermo, è solo un minuscolo dettaglio di un più vasto dossier la cui soluzione appartiene alla responsabilità della politica e degli amministratori locali. È il calcio, a tutti i livelli, che non può e non deve dimenticare i suoi ritardi, i suoi limiti, le sue pigrizie, le abitudini a rincorrere vecchi format pre-covid. Di qui la necessità di mettere in cantiere le riforme che servono, denunciando - qualora ce ne fosse la necessità - gli ostacoli incontrati e gli oppositori a questo processo inevitabile. Il limite agli stranieri extra-comunitari già esiste, serve altro. Dare impulso al club Italia, varare le squadre a metà strada tra primavera e prima squadra, potenziare la scuola allenatori, migliorare i conti dei club perché i debiti accumulati non possono far altro che moltiplicare le resistenze al cambiamento. A Wembley, otto mesi prima, è avvenuto un mezzo miracolo perché quelli di Palermo eravamo anche allora.
Il risultato, strepitoso, ottenuto ha anestetizzato tutto il movimento lasciando credere ai più superficiali d'aver magicamente risolto i problemi gravi senza incidere sulla materia viva. Per grazia ricevuta, insomma. Da quel tragico errore dobbiamo trarre la spinta a non perdere altro tempo.
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