Il bravo ragazzo vittima e il pregiudizio di incredulità

Jannik tra gesti e parole mai fuori posto sembra finto, ma è solo sorprendente

Il bravo ragazzo vittima e il pregiudizio di incredulità
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Qualcuno dice che sia troppo bravo ragazzo per essere vero. Non alza la voce, non sembra invidioso, quasi si vergogna di sconfiggere Zverev, lo abbraccia e lo consola e dice che Sascha uno slam se lo merita, semplicemente perché sarebbe giusto. Un altro al suo posto avrebbe appeso al muro Nick Kyrgios, lui si è limitato a non seguirlo più sui social. Il mondo è abbastanza grande per ignorare chi ti infastidisce.

Jannik Sinner subisce un pregiudizio di incredulità. Non può davvero essere quello che sembra. Ci deve essere qualcosa sotto. È il destino di chi non ama di solito indossare una maschera, quella la mette magari in campo quando fa la faccia da poker. Fuori è quello che è. Non fa il finto modesto e sa benissimo di essere un po' speciale, ma non lo sbandiera. È una forma di pudore. È quello che gli hanno insegnato i suoi genitori. Una volta che da bambino Jannik fece il «fenomeno» su un campo di calcio, ignorando un compagno, il padre allenatore lo richiamò in panchina. Certe smargiassate non sono da persone serie.

Jannik non vuole essere un modello sociale. Non è buono, non è santo e non pensa di cambiare il mondo. È solo un tennista e, sì, è contento di vincere, ma il dritto e il rovescio «sono soltanto canzonette». La vita è altrove.

È fare i conti con la morte improvvisa di una delle persone che ami di più, quella zia che ti portava agli allenamenti, con cui ti confidavi, che aveva la capacità di rassicurarti. Jannik questa perdita non l'ha ancora superata e quella cicatrice resterà per sempre. È una delle poche volte che ha mostrato in pubblico, parlandone, un dolore insanabile. Quella volta il «ti voglio bene» è stato più forte di qualsiasi pudore. Non ci sono equazioni complicate nel modo di essere di Sinner. La realtà è più semplice: fa quello che si sente di fare.

Matteo Berettini all'inizio non si fidava. Si chiedeva dove fosse il trucco.

Un paio di anni fa in un'intervista disse: «Con Lorenzo Sonego ci conosciamo sin da ragazzini e siamo molto legati; anche con Lorenzo Musetti il rapporto è ottimo; con Jannik Sinner parliamo meno ma è normale, non si può essere amici di tutti».

Le cose sono cambiate, parecchio. Lo si è visto anche in Davis. Matteo ha rivelato che Jannik non finge. È proprio come di vede. Non è un robot e non è finto. È un ragazzo sorprendente.

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