Dicono che sia un campionato democratico. Frase ad effetto nella quale l'aggettivo dovrebbe significare che tutti partecipano con gli stessi diritti e possibilità di governare. Per il momento più che di democrazia sembra trattarsi di un gioco di società, tipo Monopoli, con imprevisti, probabilità e, perché no?, prigione. Bastano novanta minuti per ribaltare pronostici e certezze (di propaganda), il Napoli torna in testa, Conte dopo la vergogna di Verona trasferisce le sue idee che trovano risposta nel risultato più che nel gioco; Lautaro e Vlahovic, dati per dispersi e quasi al tramonto, si sono presentati con due gol a testa salvando Inter e Juventus, l'Udinese è scomparsa dai radar dopo l'avvio promettente, il Torino si è svegliato dal sogno durato una sola settimana, fuori anche in coppa Italia e il suo allenatore, Vanoli, espulso, è già sull'orlo di una crisi di nervi, la Lazio si rialza con energia, Juric ringrazia Pisilli, pupino di Roma, e ottiene la seconda vittoria consecutiva, l'Atalanta soffre troppo e vince poco, il Como incomincia a divertire, il derby toscano senza gol ma soprattutto senza ammonizioni; dopo sei giornate molte notizie contraddittorie, oscillano le azioni in Borsa di alcune protagoniste soltanto perché la pazienza e la prudenza sono state abolite dal dizionario del football, si vuole tutto, adesso e sùbito. L'impressione è che, in assenza di fuoriclasse e campioni veri, il torneo segua il livello medio dei suoi interpreti, il prodotto non è di qualità come in passato quando in campo c'era il meglio della produzione calcistica internazionale. A proposito, domani la champions offre la trasferta del Milan in Germania contro il Bayer Leverkusen, è già una partita calda dopo la sconfitta con il Liverpool, mentre l'Inter ospita la Stella Rossa che fu.
La nuova formula della coppa riserva speranze a tutti, anche agli sconfitti. Sarà democratica pure l'Uefa? L'aggettivo conferma l'aforisma di Winston Churchill: «La democrazia funziona quando a decidere sono in due. E uno è malato».
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