Le dimissioni di Southgate sale sulle ferite dell'Italia

Le riflessioni dopo le dimissioni del ct britannico

Le dimissioni di Southgate sale sulle ferite dell'Italia
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C' è chi non si qualifica per il mondiale ma rimane ben saldo al proprio posto. C'è chi esce dall'europeo nel peggiore dei modi ma non rilascia un fiato né prima, né durante, né dopo, evitando qualunque riflessione sul proprio ruolo. C'è chi per due volte consecutive, in tre anni, arriva in finale all'Europeo, perde prima ai rigori e poi contro un super-avversario e decide quindi di presentare le proprie dimissioni, ringraziare la famiglia reale che lo aveva confermato, uscendo in silenzio. Gareth Southgate ha avuto la dignità di farsi da parte non perché abbia fallito l'impegno, del resto mai prima di lui la nazionale inglese aveva raggiunto posizioni così importanti nel torneo continentale, ma perché ha capito di non poter proseguire il mandato tra le critiche ricevute soprattutto dagli ex calciatori, da Alan Shearer a Gary Lineker, figure illustri della comunicazione calcistica inglese. Il suo tabellino segna 102 partite, 61 vittorie, 213 gol realizzati e 72 subìti, non proprio una vergogna come dalle nostre zone. Ovviamente si è aperta la campagna elettorale per il nuovo responsabile tecnico, da Howe a Potter a Pochettino, quest'ultimo un bluff, a conferma del dna sbagliato del football inglese, quello della nazionale intendo, mission impossible come hanno confermato le esperienze di Eriksson e Capello. Di certo la scelta di Gareth Southgate è sale sulle ferite della squadra azzurra, reduce dal nulla e che nel nulla vive e sopravvive. L'esito sconfortante avrebbe dovuto suggerire un passo indietro del presidente federale e del suo ultimo assunto ma la bassa politica ha avuto la prevalenza sull'alta logica, la questione tecnica è stata puntualmente rinviata come nel caso di Roberto Mancini poi emigrato. In modo gattopardesco tutto verrà cambiato perché tutto resti come prima, governo e ministro, intoccabili, come accadde già dopo la Macedonia del Nord.

Gli italiani aspettano con ansia il 4 novembre, memoria di un giorno di festa dedicato alla celebrazione dell'unità nazionale dopo la prima guerra mondiale però oggi data riservata all'elezione del presidente della Federcalcio. Bei tempi. O no?

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