Gasparotto rompe il digiuno azzurro sul muro dell’Amstel

Il friulano riporta al successo il nostro ciclismo dopo quattro anni di batoste nelle corse in linea

Gasparotto rompe il digiuno azzurro sul muro dell’Amstel

Gasp-ha-rotto il digiuno e la maledizione. Certi avvenimenti vanno celebrati adeguatamente, perchè ormai si registrano soltanto negli anni bisestili: l’ultima vittoria di ciclista italiano in una grande corsa risaliva all’ottobre 2008 (forza, tutti in coro: Cunego, Giro di Lombardia), ora tocca a Enrico Gasparotto nell’Amstel Gold Race. In mezzo, il disastro.

Ecco perchè si può e si deve parlare giustamente di avvenimento epocale: si rompe la maledizione, s’interrompe il digiuno. Certo, in questo momento di euforia patriota, conviene attenersi al puro fatto statistico. Se invece vogliamo essere freddi, lucidi e in una parola perfettamente giusti, allora non possiamo e non dobbiamo negare che il digiuno in qualche modo continua: purtroppo sì, l’Amstel è una bella corsa, con un sacco di bella gente in gara, ma non fa parte del Louvre del ciclismo, di quelle cinque corse monumento considerate da sempre il meglio del meglio. Tutti conoscono la filastrocca: Sanremo, Fiandre, Roubaix, Liegi, Lombardia. Tutti, in giro per il mondo, sanno che le superclassiche immortali e aristocratiche sono queste. Un gradino appena sotto, ma fuori dal Rotary, proprio l’Amstel, la Freccia Vallona, la Gand-Wevelgem. Questo per onestà storica e sportiva.

Dunque ci si capisce: con Gasparotto, l’Italia può giustamente gioire, perchè davvero la vittoria olandese è una vittoria seria, vera, maiuscola. Ma per uscire davvero da questo sortilegio cominciato nel 2008, che ci ha trasformati da principi in rospi, nemmeno ci avesse baciati Maga Magò, dovremo riprovarci fra una settimana esatta, quando a Liegi si disputerà il vero campionato mondiale di resistenza, su e giù per le Ardenne. Quello, non altri, sarebbe il trionfo che davvero ritrasformerebbe i rospi in principi.

Ad ogni modo, viva Gasparotto. Trent’anni, nativo di Sacile, accasato nell’ucraina Astana, quest’uomo non è certo un fuoriclasse. Il meglio che possa vantare sinora è la maglia tricolore. Però ha coraggio e tenacia da vendere, questo nessuno lo può negare. Non si vince un’Amstel, comunque una signora corsa, senza queste doti. Già due anni fa Gasparotto si era piazzato terzo, sprintando in apnea sul finale ripido di Valkenburg, ma commettendo l’imperdonabile errore di rialzarsi a pochi metri dalla fine, tanto da rimetterci il secondo posto.

«Da quell’errore ho imparato molto. Si impara più dalle sconfitte che dalle vittorie»: questa la filosofia concreta, molto friulana, del cocciuto Enrico. Così, stavolta, c’è tutto un altro finale: dopo aver provato il motore a una manciata di chilometri dal traguardo, Gasparotto si mette tranquillo e calcola alla perfezione il dosaggio energie. Quando il gruppo dei migliori si presenta all’apnea di Valkenburg, l’azione magistrale: mentre Cunego, dimenandosi per farsi largo, finisce a terra, Gasparotto rimonta il fuggitivo Freire assieme a Sagan e Vanendert, quindi negli ultimi metri trova la forza per battere anche loro due.

«Ancora non riesco a crederci. E’ una grande vittoria. Posso dire che l’ho cercata fino all’ultimo centimetro e fino all’ultima goccia di sudore»: così il primo commento a voce ancora spolmonata. In cima a questo strappo fetentissimo i corridori sono talmente esauriti - nelle ore di Piermario Morosini, impossibile non pensare agli sforzi di questi cuori -, le idee sono così annebbiate, che il commovente Gasparotto si lascia sfuggire anche una frase di umorismo involontario: «Sono quasi emozionato».

Lo sforzo immane, la gioia incontrollabile, il risultato di alto profilo: c’è veramente tutto nella giornata indimenticabile di Enrico Gasparotto, non un generale del ciclismo, ma un sergente di ferro certamente sì. L’Italia gli deve molto, in questo periodo di crisi, che ci ha regalato soltanto la consolazione di un secondo posto con Pozzato nel Fiandre e di due terzi posti con Ballan (sempre Fiandre e poi Roubaix).

Cose ottime, che riducono di parecchio le spread tra noi e le superpotenze nelle grandi classiche. Ma come direbbe Monti, la crisi non è ancora finita. Gasp-ha-rotto la maledizione: adesso si faccia avanti qualcuno a Liegi, per la vittoria totale, la vittoria senza se e senza ma.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica