Giampaolo e il suo Milan: pregi e difetti del mister rossonero

Il nuovo allenatore del Milan si è presentato subito con lo spirito di chi non è per niente arrivato e che, anzi, ha ancora tanto da dimostrare.

Giampaolo e il suo Milan: pregi e difetti del mister rossonero

Marco Giampaolo è il nuovo allenatore del Milan e attorno alla sua concezione calcistica verrà costruito il nuovo corso rossonero. L’allenatore abruzzese, infatti, pur non avendo parlato di tattica e moduli durante la sua prima intervista da allenatore del Milan, è un intransigente che difficilmente cambierà spartito ora che questo stesso spartito lo ha portato alla guida di uno dei club più prestigiosi e storici di sempre, dopo una gavetta di oltre 270 panchine in Serie A.

LA CONCEZIONE CALCISTICA

"La storia del Milan racconta di un club che ha sempre ricercato la bellezza e l’estetica, oltre al risultato. O meglio, raggiunge il risultato attraverso il gioco. Il Milan ha la cultura del gioco, ha vinto titoli proponendo calcio. La mission è questa, vogliamo giocare un calcio appetibile e affascinante e, attraverso questo, vincere le partite. In quanto a cultura, penso di essere in un club dove c’è conoscenza di cosa significhi giocare a calcio" le parole di Marco Giampaolo a Milan TV. Parole che trasudano rispetto e consapevolezza. Ma è Giampaolo l’uomo giusto per la rinascita del Diavolo disegnata da Paolo Maldini, Zvonimir Boban e Ivan Gazidis? Cerchiamo di scoprirlo insieme.

I PRO

La chiara identità tattica dell'ex allenatore della Sampdoria è il primo dei segni di riconoscimento del mister nato a Bellinzona: il 4-3-1-2 con il quale quasi certamente ricercherà la bellezza e l’estetica sulle orme dei più illustri dei suoi predecessori. Un modulo che concentra lo sviluppo del gioco per le vie centrali e che vede nel trequartista la chiave di volta di questo credo tattico: una volta individuato, che sia Calhanoglu, Paquetà o Suso, gli saranno consegnate le chiavi del reparto offensivo rossonero. Fantasia, pericolosità ed imprevedibilità. Il trequartista di Giampaolo è una costante spina nel fianco.

Molto importante è anche la cura della fase difensiva: la Sampdoria di Giampaolo, così come l’Empoli prima dei doriani, ricercava la soddisfazione di canoni estetici anche in fase di disimpegno, che se riuscito dà particolare soddisfazione ai tifosi e ai giocatori stessi.

Un’altra impronta delle squadre di Marco Giampaolo è il tandem d’attacco, composto quasi sempre da un attaccante sul quale poggiarsi e fare affidamento (e che segna molto) in fase realizzativa e da una seconda punta dinamica, che abbia nelle corde il dialogo costante con il compagno di reparto ed il trequartista.

I CONTRO

Dall’altra parte, però, come qualsiasi allenatore, anche l’ex allenatore della Sampdoria non è esente da difetti. Parlando di campo, il 4-3-1-2 se in fase di possesso ha dato grandi soddisfazioni all’allenatore allievo di Giovanni Galeone, in fase di non possesso lascia scoperte le fasce e costringe agli straordinari le mezze ali e i terzini. Mentre per quel che concerne le trame di gioco, il disimpegno palla al piede anche sotto pressione è un’arma a doppio taglio: nelle intenzioni di Giampaolo c’è l’idea di eludere il primo pressing per uscire palla a terra e con la squadra avversaria già parzialmente superata dal giro palla del disimpegno, che se attuato bene dà un vantaggio importante nella costruzione di gioco. Ma quando il disimpegno fallisce e non si riesce a superare la prima linea di pressione le sue squadre vanno in apnea e rischiano grosso.

Ma se tutti gli schemi e moduli presentano dei punti deboli, da nascondere il più possibile, evidenziandone i pregi, il più grosso punto interrogativo coinvolge l’aspetto caratteriale del nuovo allenatore del Milan. In passato, dopo qualche esperienza sfortunata in Serie A, scese in Cadetteria a Brescia, dove sparì destando preoccupazione nell’ambiente, al punto da far coinvolgere anche “Chi l’ha visto?”, mentre in realtà stava semplicemente a casa sua a Giulianova. Si è detto che si aspettasse un ambiente differente da quello trovato dalle rondinelle. Una vicenda che ha fatto – comprensibilmente – parlare tanto e che sarebbe potuta costare la carriera al mister abruzzese. Giampaolo si è rimesso in gioco un anno più tardi, ripartendo dalla Serie C per poi tornare in Serie A e riprendersi il destino che sembrava essergli sfuggito via di mano.

La dimostrazione di umiltà nello scendere di categoria ed affrontare per la prima volta la Serie C ha pagato e probabilmente ha anche maturato l’aspetto caratteriale di un allenatore che ha nelle idee la propria forza più grande e che è chiamato al salto di qualità definitivo. Come la squadra che allena.

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