E Spalletti ricordi il suo ruolo

Il confronto tra Spalletti e i giornalisti

E Spalletti ricordi il suo ruolo
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Spalletti Luciano è un buon allenatore, un ottimo professionista. Ogni tanto l'uno e l'altro aggettivo finiscono nell'ombra del suo carattere e allora esce allo scoperto la sua vera cifra umana che è portata al disprezzo o al sarcasmo, non certamente all'ironia che non gli appartiene affatto. È bastata la partita sofferta contro la Croazia, dopo la sconfitta con la Spagna per togliergli la maschera e ribadire i suoi limiti. Si è stizzito alle domande dei giornalisti, come gli era capitato nel periodo romanista quando aveva deriso un cronista accennando al povero conto corrente dello stesso a confronto del proprio, per non dire di altre sceneggiate sempre esibite nei confronti della stampa. Una reazione che può essere giustificata quando sei alla guida di una squadra di club ma non quando diventi un uomo delle istituzioni, il responsabile tecnico della nazionale italiana di calcio, un dipendente della Federcalcio. Dicono che abbia chiesto scusa, con una telefonata notturna, all'inviato che aveva osato chiedergli se la formazione mandata in campo fosse conseguenza di un patto con i calciatori, presumo che le scuse siano arrivate sua sponte coacta (dopo intervento federale) e gli lascio la facoltà di tradurre la frase latina, gli segnalo al tempo stesso, a proposito del patto, una frase del suo concittadino Giovanni Boccaccio: «... E così, a modo del villan matto, dopo danno fe' patto», anche in questo caso consulti la giornata settima, novella quarta del Decamerone.

La butto apposta sulla cultura o conoscenza scolastica perché è lo stesso allenatore a sfidare l'educazione quando, rivolgendosi al cronista, dopo avergli chiesto l'età (51 anni), gli ha suggerito «quattordici anni di pippe prima di arrivare ai 65». Questo è Spalletti Luciano, docente di onanismo. Per fortuna, ogni tanto, con qualche apprensione e molta rabbia, ci sono i calciatori della nazionale a regalarci soddisfazioni.

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