Per la serie non ci facciamo mancare mai niente ecco che la federcalcio di Gravina Gabriele si inventa il comitato tecnico: la formazione dei fab four prevederebbe Marotta - Giuntoli - Marino - Sartori chiamati a sensibilizzare i presidenti di serie A ad investire sui giovani italiani. Difficile trattenere la risata plautina, infatti si chiede ai manager che hanno portato in Italia la qualunque di calciatori stranieri di occuparsi del personale nostrano. È un tentativo goffo, una operazione di distrazione di massa, un ritorno all'antico. Nella preistoria della nazionale la commissione era composta da arbitri che provvedevano a tutto, tra gli altri fu affidata la guida ad un inglese, William Garbutt che aveva lasciato il campionato britannico per lavorare al porto di Genova. In seguito altri comitati avrebbero agevolato il lavoro dell'allenatore, così fino all'arrivo di Vittorio Pozzo dotato di cultura (era un giornalista, ehm) e grande rapporto con i calciatori, le vittorie alle Olimpiadi e ai mondiali, ne furono la conferma. Nel dopoguerra altro caos organizzato, con Alfredo Foni cinque assistenti, Marmo - Schiavio - Tentorio - Biancone - Pasquale, quest'ultimo, dopo bizzarri percorsi professionali, operaio in un zuccherificio, assicuratore, arbitro di boxe, quindi dirigente della Lega e poi presidente della federcalcio negli anni Sessanta, passato alla cronaca per la A a 16 squadre, la chiusura agli stranieri, le norme sul doping. I gruppi azzurri di lavoro si esaurirono nel tempo, i cittì presero a guidare la nazionale con i propri aiutanti, attorno alla squadra si muovevano comunque dirigenti di alto livello, da Allodi a Mandelli. Oggi Gravina Gabriele rilancia la moda e imita un aforisma di Winston Churchill: «Ho dato le dimissioni ma le ho rifiutate».
Post scriptum: il suo predecessore Giuseppe Pasquale si cimentò, con epilogo fallimentare, anche come produttore cinematografico, tra le opere il film Gli Indifferenti. Qualunque riferimento a personaggi e interpreti contemporanei è puramente voluto.
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