Italia, i mesi della paura. Serve la scossa Mondiale su testa, fisico e anima

Lo choc di Belfast è una lezione: mancano i gol, ma è il centrocampo da riorganizzare

Italia, i mesi della paura. Serve la scossa Mondiale su testa, fisico e anima

Gli inglesi godono e sfottono (mamma mia, disaster for Italy i titoli più in voga): ci sta. Soffrono ancora per quella coppa soffiata sotto i loro occhi presuntuosi con Wembley apparecchiato per celebrare il trionfo. Il flop azzurro ha fatto rumore e non può essere diversamente. Inevitabili il rovescio di critiche aspre e appuntite che non hanno risparmiato nessuno: da Donnarumma (l'uscita sciagurata finale) fino al ct Mancini tornato da Londra con l'aureola e adesso rimandato dietro il banco degli accusati. Non è mancato il sostegno di antichi sodali e di qualche politico («Mancini ci porterà al mondiale» dixit Vezzali, sottosegretario allo sport). Chicco Evani, vice del ct, su Instagram è stato velenoso con qualche giornalista: «Tutti quelli che sono scesi dal carro prim'ancora che l'arbitro fischiasse la fine della partita li aspettiamo a marzo quando riproveranno a salirci». È convinto anche lui di centrare il bersaglio del Qatar, proprio come Mancini che ha provato a rianimare la truppa in vista dell'appuntamento di fine marzo, spaventata improvvisamente dopo l'1 a 1 con la Svizzera e il rigore sbagliato da Jorginho.

Questo è lo scenario. Adesso proviamo a disvelare il quadro tecnico. Ha ragione Arrigo Sacchi: «I nostri erano cotti e un po' presuntuosi». Soprattutto ha colpito la condizione fisica deficitaria: rari i duelli uno contro uno vinti da gente (come Chiesa, Berardi, Barella) che vivono di questo. Spompati: ecco la definizione giusta. A cui bisogna aggiungere anche un dato che non può definirsi sorprendente: i 16 punti collezionati su 24 sono la conseguenza di un attacco con pochissime munizioni (gol) a disposizione. E d'altro canto la striscia più recente di risultati (2 successi sulle ultime 9) ne è plastica conferma senza dimenticare la differenza tra europeo e girone di qualificazione: nel primo caso semifinale e finale sono state decise ai rigori, nel secondo contro Bulgaria (in casa) e nelle due sfide con la Svizzera, servivano successi perentori per sbarcare in Qatar senza la coda fastidiosa dello spareggio.

L'assenza di un centravanti doc è nota da tempo, a Belfast è stata accentuata dal discutibile ricorso al falso nueve (Insigne) e dal contributo ridotto a zero di Belotti. Eppure non è di questi ultimi due che ha sofferto l'ultima Italia campione d'Europa. Piuttosto hanno pesato le assenze di un centrocampista dal talento geometrico come Verratti (quando guarì ed entrò lui, la nazionale cambiò marcia nella costruzione del gioco rispetto allo scolastico Locatelli) e di un Jorginho con le gomme sgonfie, a mal partito con l'autostima a tal punto da sbagliare i due rigori che hanno di fatto determinato il secondo posto.

A difesa di Mancini e delle sue selezioni bisogna infine aggiungere che non ha lasciato a casa né Roberto Baggio né Gigi Riva.

Allora c'è da sperare solo di recuperare un pizzico di salute e quello spirito gagliardo che fu benzina nel motore dell'europeo affrontato con entusiasmo e coraggio (entrambi persi). Non si possono inventare dal nulla calciatori degni dell'azzurro (Lucca, per esempio). Magari può tornare utile Zaniolo e qualche difensore centrale più affidabile di Acerbi.

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