L'Inter sbatte contro le big: ecco perché non è ancora da scudetto

Nel giro di pochi giorni, l'Inter ha perso prima col Barcellona e poi con la Juventus. Segno che la squadra non è ancora da scudetto. Anche se Conte è già stato bravo a dare una chiara identità di gioco ai nerazzurri

L'Inter sbatte contro le big: ecco perché non è ancora da scudetto

Dopo le prime sei giornate, condite da altrettante vittorie, qualcuno dalle parti di Appiano Gentile aveva già sussurrato la parola magica: "scudetto". Un sogno che, usando le parole di Giorgio Gaber, si è "rattrappito". A spegnere i facili entusiasmi di qualche tifoso dell'Inter particolarmente ottimista ci ha pensato la doppia sconfitta per 2-1 del "Camp Nou" e di San Siro contro Barcellona e Juventus. Due squadre che, per storia (recente) e tradizione, partivano con i favori del pronostico. E li hanno puntualmente rispettati. Anche se con una certa difficoltà. Infatti, chi parla di ridimensionamento nerazzurro sbaglia. Anche perché in società nessuno, tantomeno mister Antonio Conte, si è mai azzardato a parlare pubblicamente di lotta per il primo posto.

Neanche il più ottimista dei tifosi nerazzurri si sarebbe aspettato una partenza così a razzo. 18 punti in sei partite sono stati un capolavoro. In primis di Conte. Il nuovo tecnico interista non si è "limitato" a dare un gioco alla squadra. Ha trasmesso ai suoi giocatori di uno spirito che in casa nerazzurra non si vedeva da una decina d'anni, vale a dire dall'era Mourinho. Un'epoca brevissima, durata appena due anni e culminata in un triplete leggendario. Per arrivare a quei livelli, servono tempo e nuovi acquisti. Che vanno di pari passo.

Sì perché a livello degli 11 titolari l'Inter se la gioca con la Juve, il discorso cambia se allargato all'intera rosa. Dal momento che Conte, a differenza di Sarri, non può permettersi di tenere decine di milioni di euro in panchina. Per alzare l'asticella, e reggere i ritmi forsennati della Vecchia Signora, il tecnico salentino deve giocare sempre con gli stessi. Ma Vecino non è Sensi, Sanchez non è Lautaro Martinez, così come D'Ambrosio non è Candreva. Non a caso, se nel primo tempo della sfida con la Juve l'Inter se l'è giocata alla pari, nella ripresa è emersa un'evidente differenza di valori, un po' per i cambi obbligati di Conte (vedi l'infortunio a Sensi) e un po' per la stanchezza subentrata nei muscoli dei titolarissimi nerazzurri, spompati dal doppio impegno ravvicinato.

Tener testa al tiki-taka del Barça significa correre, spesso a vuoto, per 90 minuti. Come successo all'Inter, che domenica sera ha puntualmente pagato lo sforzo del "Camp Nou". Dove, tra l'altro, ha giocato un primo tempo straordinario dal punto di vista del gioco. Infatti, allo "spirto guerrier" che Conte ha già saputo trasmettere a suoi ragazzi, di Skriniar e compagni colpiscono anche l'abilità nel palleggio, le uscite palla al piede e gli automatismi nei movimenti in campo. Superba l'azione che a Barcellona, nel primo tempo, aveva portato alla conclusione Sensi, partita da Handanovic e terminata con un bolide a fil di traversa.

Ma certi ritmi li puoi tenere sempre solo se disponi di

riserve all'altezza dei titolari. Di cui l'Inter non dispone ancora. Insomma, i nerazzurri probabilmente non sono da scudetto. Ma da secondo posto sì. In attesa di tempi (ancora) migliori.

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