Mercedes, il mondiale dell'imbarazzo

Ancora gioco di squadra. Lewis come Schumi chiama il gregario sul gradino alto del podio

Mercedes, il mondiale dell'imbarazzo

La Mercedes ha fatto bene a impartire quel plateale ordine di scuderia. E la Ferrari avrebbe fatto bene in diverse altre occasioni a decidere uguale cosa. Se non altro, al via di Monza, Vettel e Raikkonen non avrebbero innescato il pasticciaccio grande che ha poi tolto il tedesco dalle posizioni che contano e, ora, nonostante la prova di superiorità germanica andata in scena a Sochi, avremmo un mondiale ancora aperto. La Mercedes ha fatto bene a chiedere al dipendente Valtteri Bottas, pagato svariati milioni l'anno, di cedere posizione e vittoria a Lewis Hamilton, esattamente come faceva bene la Ferrari di Montezemolo e Todt e Schumi a imporre uguali sacrifici al Bottas sudamericano: Rubens Barrichello. Paragone sacrosanto tanto più che sul podio russo un imbarazzatissimo Lewis Hamilton ha prima invitato Bottas a salire sul gradino più alto con lui e poi provato a offrirgli il trofeo del vincitore. Esattamente come fece Schumi con Barrichello a Zeltweg nel 2002. E fa effetto la somiglianza fra i due gregari: così paciosi e tondi di viso, con gli occhi dolci e i modi gentili sia Valtteri che Rubens. Come se il talento, anche quello di dover cedere il passo, fosse connaturato. Vale nello sport, vale nella vita. Perché ci sono facce e modi di fare che non saranno mai arrendevoli; prendiamo Kimi Raikkonen, bastava guardarlo in volto per capire che mai e poi mai avrebbe fatto da scudiero, cosa credeva la Ferrari?

Molta F1 è però passata sotto i ponti dalla Zeltweg di Schumi e Barrichello a Monza e Sochi di Lewis e Bottas. Nel 2002 gli ordini di scuderia si praticavano allegramente - la Ferrari era regina in materia - e la federazione la punì, ma solo per lo sketch sul podio, non per altro. All'epoca titolammo Ferrari rossa di vergogna. Forse perché credevamo che la F1 fosse ancora vero sport e, soprattutto, perché quella decisione era arrivata neanche a metà stagione dopo 4 vittorie e un podio in un campionato già ampiamente dominato. Tant'è che Michael avrebbe poi chiuso a quota 144 davanti a Barrichello a 77 e Montoya a 50. Adesso che certe strategie sono state legalizzate ci siamo invece definitivamente arresi alla consapevolezza che di sport, nel Circus, ne sia rimasto pochino. In fondo Hamilton, fra l'altro autore del bellissimo controsorpasso in pista su Vettel che l'aveva passato al pit stop, si sarebbe potuto ribellare agli ordini impartiti al compagno, alzando il piede prima del traguardo. Che storia umana e sportiva sarebbe stata? E grande gesto di adrenalina sportiva sarebbe stato anche la ribellione di Bottas, del più debole. Però smettiamola di sognare ad occhi aperti, tanto più nella F1 ormai ex sport dove succedono cose come quella di papà Stroll che compra un team per il figlio e licenzia il pilota titolare Ocon.

Scelta logica, dunque, quella della Mercedes, che macchierà il brand per qualche giorno e certo non le farà vendere meno auto. Scelta giusta anche se, ingenuamente, l'anno scorso, a Budapest, l'avevamo applaudita per la decisione di riconsegnare al povero Bottas - che povero non è - la posizione precedentemente ceduta a Hamilton. All'epoca però Lewis non era riuscito a recuperare sui due ferraristi in fuga e non c'erano in palio i punti di una vittoria. Quelli di cui invece ieri il team principal dei tedeschi Toto Wolff ha voluto rimarcare l'importanza: «Qui a Sochi tra primo e secondo ce n'erano sette, se poi dovessimo perdere il titolo per tre, tutti mi darebbero dell'idiota...».

Più di Hamilton che dice «da sportivo è una decisione difficile da capire, ma la F1 è uno sport di squadra, il team è stato coraggioso perché sapeva che sarebbe stato criticato e Valtteri è un gentiluomo», più del povero Bottas che dice «non me lo aspettavo, è difficile da accettare però comprendo le ragioni del team...», contano le valutazioni del manager austriaco. Perché se la F1 fosse vero sport avrebbero peso i piloti ma in un business come quello a trecento all'ora decidono altri. Parole doppiamente importanti quelle di Wolff perché rivelano come la Ferrari inquieti ancora il truppone tedesco, benché Vettel con il terzo posto di ieri sia ormai a 50 punti da Hamilton a soli cinque Gp dal termine.

In assenza di un titolo mondiale, e nonostante quest'anno la monoposto sia a lungo sembrata la migliore (ancora ieri il passo gara Ferrari era simile a quello delle auto tedesche), prepariamoci mestamente ad accontentarci di avere almeno spaventato la Mercedes. Quel tanto da costringerla a spogliarsi del suo modo di fare tanto über alles e fintamente elegante. Magra consolazione, ma pur sempre qualcosa.

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