Sarà il primo Europeo itinerante e giocato in un anno dispari, causa pandemia. Ventiquattro nazionali, con due debuttanti (Finlandia e Macedonia), 622 calciatori (la Spagna è l'unica con 24 convocati invece di 26) un quinto dei quali arriva dalla Premier League, trofeo assegnato a Wembley la sera dell'11 luglio. È lì che vuole arrivare - magari con il lieto fine - l'Italia di Roberto Mancini, una nazionale che ha le sembianze di un club con giocatori interscambiabili. Un'Italia da liberi tutti, con le famiglie insieme ai calciatori nel pre-ritiro in Sardegna, quello delle scelte del ct. Come faceva la grande Olanda di Cruyff. Da ieri sera, dopo 36 ore di libertà, le luci di Coverciano si sono riaccese per il gruppo azzurro, stavolta senza compagnia: da qui partirà l'assalto a una Coppa vinta solo nel 1968 e sfiorata nel 2000 e nel 2012.
Mancini arriva all'esordio di venerdì con le idee chiare: il test con l'Under 20 «steccato» dalle riserve ha convinto il ct che le scelte fatte per l'ultima amichevole con la Repubblica Ceca - al netto di contrattempi dell'ultim'ora - saranno le stesse della gara inaugurale a Roma con la Turchia. Il tutto in attesa del recupero di Verratti.
La sua rosa, la decima tra le 24 per età media (27,8 anni) e la sesta per valore del gruppo (764 milioni di euro), si affiderà tra gli altri per ora all'estro del 10 di Insigne, alle geometrie di Jorginho e alla solidità difensiva (zero gol incassati nelle ultime otto gare - tutte vinte -, appena due nelle ultime 12). Non siamo i favoriti, ma vogliamo sorprendere. Come ha fatto Mancini nei primi tre anni della sua gestione. Che ha riportato l'Italia dal 21° al 7° posto della ranking Fifa.
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