Tra Nibali e la «Liegi» c’è di mezzo il Kazakistan

Tra Nibali e la «Liegi» c’è di mezzo il Kazakistan

Meglio una bruttissima vittoria o una bellissima sconfitta? Non è il caso di chiederlo, almeno per i prossimi trent’anni, a Vincenzo Nibali, perchè questo è il periodo minimo che gli servirà a sbollire la delusione della sua meravigliosa, straordinaria, fantastica sconfitta.
Perfetta la sua Liegi-Bastogne-Liegi, vero campionato del mondo di ciclismo per durezza e per durata di gara. Perfetta fino a un chilometro dal traguardo: dopo aver staccato tutti sul Roche aux Faucons, strappo a venti chilometri dalla fine, il talento siculo-toscano si vede rimontare da tale Iglinskiy, kazako trentunenne che finora aveva vinto in vita sua poche mezze corse. Così, niente da fare, l’Italia delle grandi classiche resta preda del maledetto sortilegio: dopo la raffica di piazzamenti primaverili c’è un nuovo secondo posto, questo acidissimo e beffardo di Nibali. Il testa a testa finale è impietoso: esaurito dalla lunga azione solitaria, Vincenzo non ha più forze per reggere lo sprint con Iglinskiy. Alla fine vale l’antica regola: vince sempre chi è in rimonta.
“Ho fatto una bella azione - riesce a dire l’amarissimo azzurro dopo la batosta - ma purtroppo c'era molto vento e ho faticato tanto. Non ho sbagliato niente, mi sono solo mancate un po' le gambe nel finale. Peccato. Iglinskiy è un ottimo corridore, ma se mi avesse passato Gilbert sarei rimasto più contento...".
Certo come Sistema Italia ci si potrebbe pure consolare: veniamo da annate di disastri nelle corse in linea, con l’ultima vera vittoria nel 2008 (Cunego, Lombardia). In questa sola primavera, mettiamo assieme un bottino semiprincipesco, con il terzo posto di Nibali alla Sanremo, poi il secondo e il terzo di Pozzato e Ballan al Fiandre, poi ancora il terzo di Ballan alla Roubaix, ora il secondo di Nibali nella Liegi. A tutto questo possiamo aggiungere l’esplosione di Gasparotto, vincitore nell’Amstel (classica, ma non classica-monumento), terzo pure in questa Liegi.
Sì, potremmo consolarci all’idea che dalle macerie stia riemergendo una nuova Italia. Ma non possiamo proprio adesso, con questo trionfo sfumato sul più bello, con questo Nibali che ancora una volta conferma la sua levatura internazionale di primattore autorevole, capace di azzannare le grandi classiche (Lombardia, Sanremo, Liegi) con attacchi spettacolari, benchè la sua specialità restino i grandi giri a tappe. Non è possibile sollazzarsi con tanti piazzamenti quando da anni siamo a digiuno di un’impresa assoluta. E soprattutto quando a sfilarcela è un mediano che imbrocca il tiro nel sette da quaranta metri, una sola volta nella vita, perchè è domenica e perchè la fortuna ha voglia di divertirsi un po’.


Eppure bisogna battere le mani pure a questo Iglinskiy, mentre porta sul podio la maglia della sua danarosa squadra, finanziata generosamente dallo Stato kazako. A noi la bellissima sconfitta: come un bicchiere innegabilmente mezzo pieno, ma che vediamo così malinconicamente mezzo vuoto.

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