"Sognando Federer, eccomi qua. Non so come ho fatto"

Da piccola l'idolo era Roger. «Ora voglio divertirmi». Oggi in finale la Krejcikova

"Sognando Federer, eccomi qua. Non so come ho fatto"
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di Marco Lombardo

Il giorno in cui Jasmine Paolini diceva che avrebbe voluto vincere Wimbledon era solo una ragazza piccolina che faceva sogni troppo grandi. Amava Roger Federer, avrebbe voluto essere come lui, ma chi non sogna da giovane di voler diventare qualcuno, tipo un calciatore o un astronauta? Il sogno di Jasmine insomma era roba comune, se non fosse che adesso è diventato straordinario: «Non so come sia successo arrivare fino a qui, ma so solo che adesso voglio proprio godermela. E divertirmi».

Ecco: divertirsi. Se vogliamo vedere un denominatore comune in questo pazzo Slam sull'erba che una volta per gli italiani era solo un miraggio, c'è il fatto che chi è arrivato in fondo proviene da una regione, la Toscana, dove il divertimento è una ragione sociale. Lorenzo Musetti, essendo carrarino, è un po' in quell'angolo diviso con Liguria, che ne fa quasi una razza a parte, anche è la felicità ritrovata dopo la paternità che lo ha riportato dove doveva essere. Mentre Jasmine, nata a Castelnuovo di Garfagnana ma praticamente cittadina a Bagni di Lucca, fa del suo grande mix le origini familiari, visto che come ormai noto mamma Jacqueline è polacca di madre e ghanese di padre. Insomma l'esempio della multietnicità dalla quale prendere le cose migliori («da tutto questo miscuglio è venuto fuori quella cosa un po' strana che sono» scherza sempre lei), e non è un caso che oltre al talento, l'intelligenza e il sacrificio, il suo marchio di fabbrica sia appunto quel sorriso.

Molto toscano insomma, quasi tendente allo sberleffo se non fosse che invece è davvero genuino. Tutte qualità ereditate da papà Ugo, che l'altro giorno nell'angolo del Campo Centrale vicino alla tribuna reale, faceva fatica a mantenere la sua esuberanza. Succederà anche oggi (ore 15) nella finale contro Barbora Krejcikova, una che uno Slam lo ha già vinto a Parigi. E l'antidoto sarà mantenere la calma: «Sì è una finale, però io affronto le partite in maniera uguale ha spiegato ieri Jasmine -. È chiaro che campionesse come Schiavone, Pennetta, Vinci e Errani mi ispirano, ma non voglio fare paragoni. Io scrivo la mia storia, e spero un giorno che potrò essere un esempio per le giocatrici più giovani, un po' come sono state loro per me».

È tutto straordinario insomma, come dice anche il capitano azzurro maschile Filippo Volandri: «Il merito di questi successi è di tutto il gruppo, e adesso siamo pronti anche per una medaglia olimpica e per riportarci a casa la Coppa Davis». È toscano anche lui, ma non sta affatto scherzando.

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