nostro inviato a Herning (Danimarca)
Ultim’ora: è già passato il prologo e ancora non s’è parlato di doping. Questa, di gran lunga, la clamorosa notizia del Giro 2012. Siamo al record storico. Negli ultimi anni, all’apertura della corsa s’era già tutti stanchi di parlarne: quanti controlli programmati, quanti a sorpresa, quali giri di vite, annunci di tolleranza zero, la lista degli esclusi ancora prima di partire, i nomi delle presenze imbarazzanti, il totopronostico su quanti Nas mimetizzati in carovana, a quando il primo blitz per le perquisizioni. Di questo si parlava e si scriveva a getto continuo, negli ultimi anni. Improvvisamente, una partenza normale. Così normale da risultare eccezionalissima.
Che cosa strana: stavolta si parla e si scrive di questa partenza a casa di dio, di un percorso troppo facile rispetto alla tradizione, dell’assenza di superbig come Evans e Schleck Junior, delle incognite su Basso, della matrimonio esplosivo tra Scarponi e Cunego, dell’attesa febbrile per la rivelazione di un giovane campione italiano (Ulissi? Battaglin? Felline?). Temi, polemiche, opinioni. Tecnica e colore. Costume e società. Ma tutti quanti concentrati su ciclismo&affini. È una svolta epocale. Se non salta fuori tempestivamente il solito imbecille con la siringa in vena, c’è il serio rischio che questo Giro vada via come usava una volta, con le sue storie e i suoi uomini presi finalmente per il verso giusto.
In attesa di vedere quanto dura il record, se magari riesce persino l’impresa di fare percorso netto fino a Milano, ci sono già anche altri record più piccoli da registrare doverosamente. È record la mostruosa media (50,031) che permette al giovanissimo americano Taylor Phinney (21 anni) di prendersi la prima maglia rosa. Figlio di ciclisti trapiantati a Marostica per amore d’Italia, questo ragazzo è nato con il cronometro dentro l’anima: da quando è salito per la prima volta in bicicletta, non fa altro che vincere prove contro il tempo. Questa, per sua commossa ammissione, è la più importante. «Ho preso la rincorsa due mesi fa, cominciando a preparare il Giro: per me si realizza un sogno. Non sono italiano, ma vivo in Italia, ora in Toscana: la maglia rosa ha un sapore tutto particolare. Questo è davvero un momento speciale».
Nonostante arrivi quinto, è comunque un momento molto speciale anche per un altro giovane, fortunatamente italiano italiano, Manuele Boaro, per la precisione veneto di Bassano. Grande media anche la sua, ma soprattutto grande la speranza che forse, magari, chissà, stiamo per riavere pure noi uno specialista presentabile alla partenza delle crono.
E già che ci siamo rifacciamoci la bocca pure con Ivan Basso, che giovanissimo non è più, che a cronometro non è un drago, ma che in una prova fulminea e tecnica come il prologo riesce a centrare un risultato egregio. Lontano da Phinney, com’è normale, ma molto meglio dei rivali di classifica Scarponi e Cunego, i coniugi separati in casa che per un giorno vanno d’accordissimo almeno su un tema: andare adagio. Nello specialissimo settore dei favoriti il meglio cronoman si rivela il ceco Kreuziger, però di soli 3” su Basso. Anonimo secondo previsioni Schleck Senior.
Inutile però star qui a tirare conclusioni troppo decise dopo l’antipastino. È un genere di corsa che lascia ricadute più psicologiche che effettive. Per esempio fa bene a Basso, reduce da una primavera infernale, causa caduta. Saggio il suo commento: «Dovevo difendermi, mi sono difeso. Mi dà morale. Ma era solo una prova: adesso cominciano quelle vere. Certo, non posso nasconderlo: sono molto contento». Altra faccia Scarponi: «Inutile negarlo, non è andata bene. Per fortuna è l’inizio, non la fine».
Sì, è solo l’inizio dell’inizio. Oggi e domani due tappe con il vento nei raggi e nelle orecchie, avversario più temibile la caduta, quindi ritorno in Italia e subito altra sfida a cronometro, però a squadre, nelle strade di Verona. Lì, davvero, saranno possibili conclusioni più fondate.
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