Quello dei corridoi umanitari è un progetto, partito nel 2016 che ha aiutato a fuggire dai loro paesi circa 8mila persone, di cui quasi 7mila in Italia. «Avviato dalla Federazione delle chiese evangeliche come prima missione ha aiutato i profughi siriani ad uscire dal Libano», racconta Stefano Pasta, tra i responsabili della comunità Sant'Egidio oggi impegnata insieme a Caritas, alla Cei e ad altre singole associazioni nell'organizzare i «corridoi». In accordo con i governi e autofinanziato, «questo dispositivo previsto dalla normativa europea, organizza viaggi aerei in sicurezza, per rafforzare le vie legali e fare arrivare i profughi senza dare soldi ai trafficanti». In questo momento i «corridoi» attivi sono quelli dal Libano per i profughi siriani, dall'Etiopia per sudanesi e eritrei oltre che dai campo profughi di Cipro e l'Isola di Lesbo. Quello dal Pakistan e dall'Iran per i profughi afghani non è stato rinnovato «ma auspichiamo che venga riaperto presto», si augura Pasta. Esistono poi altri «corridoi», esclusivamente «educativi». Tra questi il progetto «Unicore», «University Corridors for Refugees» a cui aderiscono anche le università milanesi, promosso dall'UNHCR (Alto Commissariato Onu per i rifugiati). La Statale ad esempio partecipa dal 2020. Sono stati accolti 9 studenti (5 ragazzi e 4 ragazze). Quattro hanno studiato in ambito farmacologico, una in bioeconomia per le biotecnologie, uno in Relazioni internazionali, uno per human resources e uno per LLL sustainable (area giuridica). 3 sono appena arrivati per la nuova edizione. Ragazzi come Samuel che ha studiato «Data science». Di origine eritrea, scappato dalla dittatura, ha rischiato carcerazione e uccision. È riuscito ad arrivare in Etiopia, dove si è laureato con il sogno di lavorare nel mondo dei dati e dell'informatica. Qui ha avuto la borsa di studio Unicore, grazie a cui è arrivato in Italia. In Statale ha seguito la magistrale in Data Scientist e ha iniziato da subito a lavorare, coniugando lo studio con l'impiego in banca IFIS, dove è attualmente assunto con un contratto a tempo indeterminato. Alla Iulm, durante l'inaugurazione dell'anno accademico Valentina Garavaglia ha posto l'attenzione proprio su questo tema. «Internazionalizzazione - ha detto - in tempi di guerra significa anche accogliere gratuitamente studenti rifugiati. Per un Ateneo non statale questa è una scelta precisa perché crediamo che i conflitti siano il frutto dell'ignoranza, mai della cultura». La Iulm negli ultimi due anni ha accolto 42 studenti rifugiati politici da Ucraina, Afghanistan, Bielorussia, Russia, Siria. Al Politecnico dal 2019 al 2022 sono arrivati 30 studenti. Iran, Siria e Venezuela i paesi di origine. In Cattolica in questo momento ci sono 2 studenti con lo status di rifugiati, una afghana e un camerunense. Entrambi hanno iniziato questo autunno il Master in Risorse Umane e Organizzazione. A loro si aggiunge anche un giovane siriano (in Italia con un permesso per motivi di studio e non ha lo status di rifugiato) iscritto alla Laurea Magistrale in Global business management. Alla Bicocca sono 7 le studentesse ucraine attualmente beneficiarie di borse di studio. Altre 2 studentesse sempre ucraine si sono laureate a ottobre, una di loro ha una borsa di dottorato. Per il programma «Unicore», i beneficiari attuali sono 4 studenti, 2 dal Sud Sudan, 1 dalla Somalia e 1 dal Congo. Due sono iscritti a Marketing and Global Markets e altri 2 a Data Science. Sono state assegnate anche borse di studio per 3 studentesse afghane.
Alla Bocconi, l'Inclusion Programs, ha dato la possibilità a 18 studenti di iscriversi all'ateneo. Di questi, 10 sono studenti rifugiati (1 afghana rifugiata in Italia e 9 studenti del progetto Unicore da paesi africani), e 8 studenti provenienti da Paesi con instabilità politica e dall'Africa sub-sahariana.
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