
Un anno fa dalle colonne d'un giornale dove collaboro volentieri, m'auguravo sorgesse un cinematografo nazionale che, abbandonando le scene sentimentali e le avventure poliziesche, prendesse a far conoscere agli italiani il nostro paese, le sue glorie e le sue vergogne, le sue gioie e i suoi dolori, e permettesse a tutti di rendersi conto con i propri occhi, come sudino sangue i milioni d'oro che annualmente l'emigrato riversa in Italia, e quali difficoltà ed ostilità si debbano vincere nelle province irredente per mantener viva la nostra coltura.
L'occasione e la realtà, condizionate, come sempre, sono state offerte dalla guerra. I cinematografi si son trasformati in organi nazionali senza volerlo. Ecco che, accanto al giornalista di professione o improvvisato, lungo le trincee tripoline e cirenaiche, negli accampamenti, alla partenza e all'arrivo delle truppe, in marcia verso il nemico, s'è levato un altro occhio, quello del cinematografista, pronto a sorprendere nel loro moto gli avvenimenti per i quali tanti cuori e tante immaginazioni di italiani si affollan di sangue commosso e di care figure.
Anche io, da allora, vado spesso al cinematografo. Nat Pinkerton ha cessato d'inseguire col suo revolver da commedia i truci figuri; le coriste d'operetta e le comparse non fingono più con le loro disgraziate maniere i dolori di Maria Antonietta e le orge di Bianca Cappello. Sulla tela dello sfondo le groppe delle dune si inseguono, si stende il tappeto scintillante del deserto, i mille pennacchi delle palme ondeggiano al vento marino; poi gli agili ascari a salti, come cani da pastori, bianchi e pezzati, la carica dei bersaglieri, grigi come le nuvole di sabbia che a volte li avvolgono, e i mirabili artiglieri nell'atto di dar di spalla a un cassone su per l'erta d'un vallone pietroso.
Ecco la guerra davanti ai nostri occhi.
Le tende d'un ospedale immobili sotto lo sguardo implacabile del sole: e pare d'udirne escire lamenti. I generali in visita per l'oasi: un silenzio grave si stende intorno ad essi. L'arabo enigmatico s'accoccola col suo segreto d'odio e di disprezzo nascosto sotto un volto di pietra.
L'acqua preziosa tratta stilla stilla dai pozzi, divenuti centro della società umana, specie di chiesa e di fortezza, luogo di ritrovo e primo bene economico.Il giornale mi lascia freddo. Al cinematografo comunico meglio col popolo italiano l'entusiasmo per i suoi figli di laggiù.
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