Roma - La richiesta di sollevare un conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato contro i magistrati milanesi che hanno rinviato a giudizio il premier Silvio Berlusconi per il caso Ruby "non è riconducibile in maniera immediata ai precedenti in materia". Per questo Gianfranco Fini ha ritenuto opportuno un approfondimento maggiore prima di decidere: "L'Ufficio di presidenza ha il potere di fare da filtro". E ha elencato tutti i precedenti per cui "la valutazione negativa" ha sbarrato il passaggio in Aula. Una decisione che era già stata scritta. Sull'edizione di Repubblica in edicola oggi.
Fini mette già le mani avanti I passaggi sono molto tecnici. Bisogna andare con ordine. Ieri i capigruppo del Pdl e del Carroccio avevano presentato la lettera al presidente della Camera cui ora spetta decidere se passare il conflitto d'attribuzione all'Aula. Ma già oggi il quotidiano diretto da Ezio Mauro faceva presente che "i precedenti della Camera, già studiati attentamente dagli uffici, dimostrano che non è affatto" un atto dovuto. Ed elencava i quattro casi in cui il conflitto era stato fermato prima. Dal caso Faggiano-Sardelli del 2003 al caso D'Elia, dal caso Mancini al caso Evangelisti-Brunetta. "La materia è caldissima - ammoniva Repubblica - il processo comunque non si blocca fino alla sentenza". Nel pomeriggio, poi, la linea assunta da Fini: "La questione deve essere oggetto di approfondimento in sede di Giunta per il Regolamento affinché la presidenza possa disporre di tutti gli elementi utili per definire la procedura da seguire in riferimento alle prerogative dell’Ufficio di presidenza e dell’Assemblea".
La procedura adottata dalla Camera A questo punto la Giunta per il Regolamento sarà convocata "orientativamente nel corso della prossima settimana", una volta concluso l’esame della Giunta per le Autorizzazioni. Ed è qui che spunta l'inghippo. Il presidente della Camera ha, infatti, fatto presente che "la consolidata prassi procedurale in ordine ai conflitti di attribuzione prevede che nel caso in cui si tratti di valutare se elevare o meno un conflitto da parte della Camera nei confronti di altro potere dello Stato è riconosciuto all’Ufficio di presidenza un ruolo di filtro". Insomma, tutto in mano all'Ufficio di presidenza dove Fini sa che il governo non ha la maggioranza. Da qui l'avvertimento: "La valutazione negativa operata da parte di tale organo ha condotto in passato alla mancata sottoposizione della questione all’Assemblea".
Quella strana affinità con Repubblica Guarda caso i precedenti riportati da Fini sono gli stessi evidenziati oggi da Repubblica per dimostrare che il via libera al conflitto "non è un atto dovuto". Il primo caso risale al 2003 per un conteggio dei voto in Puglia che, nonostante il via libera della Giunta per le elezioni, era stato bloccato dall'ufficio di presidenza. Quindi è stata la volta di Sergio D’Elia contestato per il suo ruolo di segretario di presidenza. Infine ha ricordato la richiesta di Mancini di elevare un conflitto di attribuzione nei confronti dell’autorità giudiziaria per aver fatto intercettazioni telefoniche "non autorizzate".
Sebbene il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto rimarchi che la richiesta "deve essere portata in Aula" per la decisione, adesso sarà Fini a decidere se dare la parola al parlamento oppure forzare la mano spianando la strada ai magistrati milanesi. Se dovesse seguire ancora una volta la linea di Repubblica, possiamo già immaginare quale sarà la sua scelta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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