Alcaraz vince lo show contro Sinner. Ma al tennis serve sorridere di più

L'azzurro è preoccupato, Carlos quasi non si diverte

Alcaraz vince lo show contro Sinner. Ma al tennis serve sorridere di più
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Alla fine per fortuna c'è stato un sorriso, mentre Jannik Sinner infilava il pupazzo mascotte nella grande coppa in mano ad Alcaraz, così come aveva fatto Medvedev con lui un anno fa. È stato dunque un passaggio di testimone, perché questa volta ha vinto Carlos alla fine del solito straordinario match che sta segnando il futuro del tennis. Per l'italiano è stata la sesta sconfitta dell'anno (contro 58 vittorie), per lo spagnolo il sesto successo sul rivale-amico (contro 4 ko). Tutto deciso nel tie-break finale (6-7, 6-4, 7-6 il punteggio), con la stranezza del cambio di scarpe di Alcaraz sullo 0-2 che gli ha messo le ali: dal quel momento in poi ha perso il punto successivo per poi infilarne sette di fila. «Quando gioco con Jannik è sempre una grande lotta: per me resta il migliore del mondo, lo ammiro tanto». Resta quel sorriso giusto accennato alle premiazioni, e la sensazione che in un calendario sempre più intasato (si sta già giocando il Masters 1000 di Shanghai dove torna in campi anche Djokovic), sia sempre più difficile divertirsi con il tennis per chi è in campo. Lo ha detto anche Alcaraz ieri, ovvero di «essere felice dopo un periodo in cui non sentivo più la passione di allenarmi e giocare», e lo stesso di scorso si è ripetuto spesso quest'anno nei discorso di altri big della racchetta (per esempio Zverev, Tsitsipas, Rune).

Poi c'è ovviamente il discorso di Sinner, con quell'ombra negli occhi passerà solo quando il caso doping sarà definitivamente finito, e ieri sul tema è tornato a parlare proprio Djokovic: «Mi sembra ovvio che il sistema non funzioni bene, ci sono troppi organi di giudizio e il suo caso non dà una bella immagine del nostro sport. Sono davvero impressionato di come Jannik possa giocare a così alto livello durante questo processo». Sinner che intanto ha digerito la sconfitta: «Sono ovviamente dispiaciuto, ma Carlos ha giocato meglio i punti importanti e ha meritato. È stata comunque una settimana in crescendo e ci sono alcuni aspetti su cui dovrò migliorare per Shanghai. Lo farò cercando sempre di diventare un giocatore e una persona migliore. Il lavoro non finisce mai».

Insomma: al tennis forse serve uno

psicanalista? Forse, ma soprattutto qualche sorriso in più. Quello, per dire, di Simone Bolelli e Andrea Vavassori, che a Pechino hanno vinto la finale e sono a un passo dalle Atp Finals di Torino. Questa, sì, è felicità.

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