
Il Far West ora è sopra le nostre teste, e qualcuno ha già visto spuntare Jasse James. Ma il problema non è se davvero assomigli a Elon Musk o meno, ma il fatto che senza uno sceriffo il futuro dello spazio rischia di diventare quello che stiamo costruendo sulla Terra. Non per niente gli esperti sono preoccupati: senza regole, l'Universo diventa conquista incontrollata. E il risultato può diventare il contrario di quello che andiamo cercando.
È una questione di numeri insomma: Patrizia Caraveo astrofisica di fama mondiale li illustra nel suo Ecologia Spaziale (edito da Hoepli nella collana Telescopi), e se qualcuno possa reagire con un «uffa che barba, l'ecologia anche lì», meglio che dia una lettura alle 152 pagine del libro. Perché quello della nostra autorevole scienziata è un atto di accusa contro nessuno, ma una richiesta ragionata di intervento normativo prima che l'Uomo Terreste diventi un pericolo galattico, per sé e per gli altri (che in giro ci sono, e per fortuna loro se ne stanno alla larga migliaia di anni luce). Il ragionamento, insomma, è illuminante di quanto, anche nell'era dell'esplorazione spaziale, si tenga poco contro degli effetti collaterali. Che possono trasformare il Far West cosmico in un caos incontrollato.
L'esempio viene prima di tutto dai satelliti: nelle quattro orbite riconosciute, quella più vicina alla Terra è diventata come la Milano-Genova nei weekend estivi. L'arrivo di Starlink nel mondo delle telecomunicazioni ha portato indubbi benefici, e di sicuro gli oggetti volanti ben identificati che girano sopra la nostra testa sono ormai indispensabili. Per dire: senza di loro non si potrebbe più avere le previsioni del tempo o monitorare il clima, ma anche viaggiare, guardare la Tv e perfino scambiarci somme di denaro. Fare anche le guerre, vabbé, però siamo comunque schiavi del Gps ormai. Eppure è un attimo che cali la nebbia planetaria.
Si diceva dei numeri allora: i dati del 2023 dicono che degli oltre 9900 satelliti circolanti, il 72% sono piccoli (sotto i 600 chili) e occupano la fascia dai 200 ai 500 km dalla Terra. Ai tempi Musk ne aveva lanciati circa 6mila, ma adesso ha raggiunto i 12mila, ha l'obbiettivo di arrivare a 30mila e ha chiesto un permesso per spingersi a 42mila. Con lui opereranno nel settore i 650 satelliti di Oneweb, i 3200 di Amazon, i 4700 di Samsung e i 3mila di Boing, tutti in moltiplicazione. Tant'è che presto si arriverà a circa 100mila stelle artificiali che ci ronzano intorno, e tra l'altro su orbite a piacere, visto che l'unica fissa è quella geostazionaria a 35786 chilometri d'altezza. In pratica: stiamo giocando con l'atmosfera (con la certezza di perdere).
Perché il problema sono gli effetti collaterali: i satelliti vanno lanciati (siamo arrivati a più di 2mila l'anno), e lanciarli costa dispersione di gas in ambienti dove i gas possono fare danni. Nell'atmosfera sono già stati rilevati alcuni elementi chimici alieni, mentre per la prima volta nel 2020 il buco dell'ozono, prerogativa del Polo Sud, è stato rilevato temporaneamente (e inspiegabilmente) anche sopra l'Artico. Giusto nella zona in cui partono numerosi razzi alimentati da un combustibile a cherosene che rilascia un pulviscolo nero ogni volta che si muovono. E poi c'è la questione detriti: il 18° Squadrone dello Space Control delle Forze Spaziali Americane attualmente tiene sotto controllo circa 30mila oggetti non più grandi di 10 centimetri che orbitano felici intorno a noi. Si tratta di pezzi di ferro derivanti da distruzioni o avarie dei satelliti, ma anche di frammenti di lanciatori e perfino attrezzi da lavoro persi dagli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale: tutta roba che potrebbe cadere su un aereo in volo, il che non farebbe venire solo un gran mal di testa. E, tanto per chiarire, Starlink ha ora un problema con la Qantas, la compagnia area australiana: una causa è in corso per i ritardi accumulati dai voli sulla rotta verso il Sudafrica per colpa di ciò che ogni tanto cade dal caravanserraglio tecnologico. Per non dimenticare poi il cimitero composto da 5mila satelliti morti e altri pezzi vari, che formano 6mila tonnellate di potenziale pericolo per chi sta sotto. Insomma noi.
In pratica: il progresso deve andare avanti, sennò non sarebbe appunto una progressione. Ma da qualche parte dice la Dottoressa Caraveo bisogna mettere un semaforo, e magari anche un vigile. Soprattutto un punto di raccolta differenziata, e magari anche un po' di buon senso, se si vuole che l'esplorazione spaziale illumini il nostro futuro. Siamo arrivati sulla Luna, e già lì abbiamo lasciato qualche traccia aliena (la sonda indiana che si schiantò sul nostro satellite aveva con sé dei piccoli organismi viventi congelati), e domani su Marte succederà lo stesso: accade quando l'Uomo vuole colonizzare senza pensare alle conseguenze.
E sul Pianeta Rosso, per esempio, non ci sono sicuramente gli indiani, ma siccome cadono circa 300 meteoriti l'anno grandi come un pallone da basket (ogni buco che fanno è grande 8 metri), bisognerà prevedere di portarsi un ombrello. Nel Far West, andando avanti così, potrebbe anche piovere.
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