Roma - Nella vita di Antonino Ingroia, uno dei pm di punta del pool antimafia di Palermo, il 13 maggio ha portato due notizie: una buona e una cattiva.
Cominciamo da quella cattiva? Il Consiglio di Stato ha cancellato la sua nomina a procuratore aggiunto del capoluogo siciliano, insieme a quelle di altri cinque dei sette complessivi. Le decisioni prese dal Csm nel lontano dicembre 2008, a quanto sembra, erano «anomale» e non rispettavano i criteri di selezione dei candidati. Così, visto che è stato accolto il ricorso di due pm siciliani esclusi, si dovrà ricominciare da capo.
E veniamo a quella buona. Lo stesso giorno in cui si è diffusa la notizia del Consiglio di Stato, a Palazzo de’ Marescialli si è riunito il plenum del Csm che, con una delibera dell’ultimo momento, ha deciso di inviare Ingroia, insieme a un collega, a San Salvador (capitale dell’El Salvador) ai primi di giugno per partecipare a un corso di formazione.
Appena saputo della bocciatura della sua nomina da parte dei giudici amministrativi il pm siciliano ha commentato: «Ciò che auspico è che qualsiasi decisione venga presa, essa si realizzi in tempi brevi. Considerando l’enorme mole di lavoro sulle scrivanie, non possiamo correre il rischio che si subiscano ulteriori rallentamenti».
Ecco. Il corso a San Salvador, organizzato dall’Istituto italo-latino-americano, si articolerà in due fasi di due settimane ciascuna, la prima dal 7 al 18 giugno e la seconda probabilmente dal 20 settembre al 1° ottobre. E sorge spontanea la domanda: possibile che, con l’«enorme mole di lavoro» che ha per contrastare Cosa nostra in Sicilia e con l’intensa attività che svolge sui mass media per contrastare leggi in fieri del governo come la riforma della giustizia, il ddl sulle intercettazioni, quello sul processo breve, Ingroia trovi il tempo di volare in Sudamerica a dar lezioni ai quadri dirigenti salvadoregni di sicurezza, crimine organizzato e prevenzione della violenza?
Pensare che ci doveva tenere molto, visto che inizialmente la commissione competente del Csm, la nona, aveva esaminato attentamente tutte le richieste e aveva scelto al suo posto un altro magistrato siciliano. Il nome di quest’ultimo era già nero su bianco nella delibera arrivata all’assemblea. Ma, proprio in «zona Cesarini», il laico del centrosinistra Umberto Siniscalchi ha presentato un emendamento alla pratica «di particolare urgenza», proponendo la sostituzione. E l’emendamento è passato a larga maggioranza. Del resto il Csm è vicino alle elezioni per il suo rinnovo a luglio, e in questo sprint finale dispensa nomine e incarichi.
Solo qualcuno ha protestato. Come Gian Franco Anedda, membro laico del Pdl, convinto che non fosse proprio il caso in questo momento di indebolire, anche se solo per un periodo, l’attività del pool antimafia. E per un incarico che tanti altri magistrati potevano e volevano assolvere.
A dire il vero, in lista di candidati ce n’erano 36 e la nomina era molto ambita, anche da personaggi con curriculum di tutto rispetto. E adesso, tra gli aspiranti «trombati», qualcuno si chiede quali criteri ha seguito il Csm.
Anche perché il rapido blitz al plenum non ha dato il tempo a molti degli stessi consiglieri, di valutare nomi e titoli dei candidati. Ma, evidentemente, il solo nome di Ingroia basta a far scattare tra le toghe il riflesso del consenso condizionato. Come quel dicembre di due anni fa?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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