Un raid della Nato avrebbe causato la morte di Saif al-Arab Gheddafi, figlio più piccolo del rais. L'attacco è avvenuto a Tripoli, in una delle case del raìs. Nell'abitazione, secondo il governo libico, si trovava anche il Colonnello, rimasto illeso. Tre nipoti di Gheddafi sarebbero invece morti, ma non ci sono conferme ufficiali. Inoltre crescono i dubbi a Bengasi sull'annuncio venuto da Tripoli circa la morte del figlio minore di Muammar Gheddafi in un attacco della Nato. La notizia della morte di Seif al Arab aveva suscitato grande entusiasmo nella capitale degli insorti, ma con il passare delle ore prevale lo scetticismo vista la mancanza di prove. "La verità è che la notizia non può essere verificata", ha detto Jalal al Gallal, membro del Consiglio nazionale di transizione, l'organo politico dei ribelli, il quale accusa Gheddafi di "utilizzare gli attacchi della Nato contro obiettivi militari per far credere che vogliano cercare di assassinarlo". Lo scetticismo è diffuso anche tra la popolazione. "Lo ha già fatto in passato: nel 1986 disse che sua figlia era stata uccisa, ma lei è ancora viva", ha detto Ahmed Sidan, un commerciante di Bengasi. "Gheddafi dice che Saif è morto, allora dov'é il corpo? Ci mostri il corpo", ha detto Alaa al-Obeidi, produttore della rete televisiva d'opposizione Libya al-Ahrar.
La Nato non conferma Il comandante delle operazioni della Nato sulla Libia, il generale canadese Charles Bouchard, ha dichiarato che "la Nato ha continuato stanotte i suoi attacchi di precisione contro le installazioni militari del regime a Tripoli". "Tutti gli obiettivi della Nato sono di natura militare - ha aggiunto Bouchard -. Non prendiamo di mira individui... Sono a conoscenza di notizie di stampa non confermate secondo le quali alcuni membri della famiglia Gheddafi potrebbero essere stati uccisi... Noi siamo rammaricati per ogni perdita di vite umane".
Attacchi all'ambasciata La Farnesina ha confermato che si sono verificati attacchi vandalici contro gli edifici di alcune ambasciate straniere a Tripoli, tra cui anche l'ambasciata d'Italia, dalla quale testimoni hanno riferito di aver visto uscire del fumo. Anche alcune sedi delle Nazioni Unite e altre missioni diplomatiche straniere sono state attaccate da folle inferocite in seguito al raid aereo notturno della Nato. "Gli attacchi contro gli edifici della nostra ambasciata a Tripoli non indeboliranno la determinazione dell'Italia a continuare la propria azione, insieme agli altri partner, a difesa della popolazione civile libica in ottemperanza alla risoluzione 1973 delle Nazioni Unite". E' quanto si legge in una nota della Farnesina. Attaccata anche la sede dell'ambasciata britannica. La Gran Bretagna ha deciso l’espulsione dell’ambasciatore di Libia, “in seguito ad attacchi contro le missioni diplomatiche a Tripoli”, fra cui “l’ambasciata britannica”, ha annunciato oggi il ministro degli esteri William Hague.
Le due facce del raìs Ieri il raìs aveva parlato alla tv di Stato e aveva mostrato due facce. Infatti, se da un lato il raìs si diceva pronto a negoziare con Usa e Francia, il trattamento verbale che riservava all'Italia era diametralmente opposto: "Tra noi e l’Italia è guerra aperta", aveva detto il colonnello nel discorso trasmesso dalla tv di stato. "Il governo italiano oggi attua la stessa politica fascista e coloniale dei tempi dell’occupazione", aveva proseguito Gheddafi, affermando che nel 2008 l’Italia "ha fatto le sue scuse e ha detto che (il colonialismo, ndr) è stato un errore che non si sarebbe ripetuto, ma ora sta facendo lo stesso errore". Un riferimento ai raid aerei che l’Italia ha cominciato a condurre sulla Libia nell’ambito dell’operazione Nato contro il regime. "Con rammarico prendiamo atto che l’amicizia tra i due popoli è persa - ha concluso Gheddafi - e che i rapporti economici e finanziari sono stati distrutti".
Il rasì: "Porteremo la guerra in Italia" Ma il raìs era andato giù ancora più duramente e aveva minacciato: "Trasferiremo la guerra in Italia. Lo vogliono i libici e io non posso porre il veto. Mi sono rattristato quando ho sentito oggi i figli del popolo libico nei loro discorsi minacciare di trasferire la guerra in Italia. Hanno detto che orami è una guerra tra noi e l’Italia perché l’Italia ammazza i nostri figli adesso nel 2011 come ha fatto nel 1911. Quindi i libici hanno ragione in quel che dicono e io non posso porre un veto sulle decisione dei libici che vogliono difendere la loro vita e la loro terra e trasferire la battaglia nei territori nemici". Gheddafi ne aveva anche per il Cav: "Il mio amico Silvio Berlusconi ha commesso un crimine" così come l’ha commesso il Parlamento italiano. Ma ci rendiamo conto che non esiste un Parlamento in Italia, né tanto meno la democrazia. Solo l’amico popolo italiano vuole la pace".
Maroni: "Serie minacce" "Ovviamente questa minaccia non va sottovalutata - ha detto il ministro dell'Interno, commentando le frasi del raìs -, anche i servizi segreti non la stanno sottovalutando. Non mi sento di dire che la sua è una battuta propagandistica". In più, l'uccisione la notte scorsa di uno dei figli del rais é probabile, ha aggiunto Maroni, "farà arrabbiare Gheddafi ancora di più". Da quando è scoppiata la crisi libica comunque "noi abbiamo intensificato le attività di controllo per evitare che succeda qualcosa".
Sempre nel discorso di ieri, Muammar Gheddafi aveva annunciato che non avrebbe lasciato il potere e aveva chiesto negoziati con Usa e Francia per "fermare i bombardamenti della Nato", dicendosi pronto ad un cessate il fuoco "non unilaterale". "Paesi che ci attaccate, fateci negoziare con voi", aveva detto il colonnello in un discorso di 80 minuti in diretta tv. "Siamo pronti a negoziare con Usa e Francia ma senza precondizioni. Non ci arrenderemo, ma vi chiedo di negoziare.
Se volete petrolio, firmeremo contratti con le vostre aziende, non vale la pena andare in guerra per questo. "Sono sacro per il popolo libico, sono un simbolo e un padre per loro, più sacro dell’imperatore del Giappone", aveva spiegato il colonnello.
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