Quando si ha una grande passione, non c'è sfera della propria vita che non ne venga "contaminata". È un po' il caso di Vittorio Vaccaro, molto più di un appassionato del cibo; un conoscitore, uno studioso di tecniche e prodotti che trasforma in ricette innovative fondendo le sue origini al percorso di vita, non dimenticanto le radici della nostra cucina italiana: "Quando mi chiamano chef - dice sorridendo nella nostra intervista - penso a quelli che sono chiusi 12 ore nelle loro cucine e fanno di quello la loro vita. A me piace sperimentare, raccontare e unire attraverso il cibo e le ricette", spiega.
Lo incontriamo in occasione di due importante debutti, la sua nuova tramissione televisiva Liguria a tavola - al via dall'8 marzo in seconda serata su Food Network - di cui, allo stesso modo di quanto raccontò con grande passione il suo viaggio al Columbus Days di Chicago per mostrare le eccellenze del nostro Paese, è entusiasta. Questo nuovo percorso, va ad aggiungersi alla sua già nutrita agenda, fatta dal programma A casa cucina papà, sempre su Food Network, e al nuovo appuntamento su Isoradio, ogni venerdì alle 11.00 con Family Week.
Vittorio, di cosa parlerà Liguria a tavola?
"Approdare in tv con un nuovo programma mi rende felice e orgoglioso, anche se non nego che c'è sempre un po' di timore perchè non si mai come potrebbe reagire il pubblico o se apprezzerà o meno il tuo lavoro. "Liguria in tavola" è stato pensato un po' come un viaggio nella cultura ligure, che va dalla cucina tradizionale alla conoscenza del magnifico territorio e dellle sue bellezze. Abbiamo girato in posti meravigliosi, nascosti, che incanteranno gli spettatori, dove la natura è ancora incontaminata e si sente quanto i liguri amino la loro regione."
Cosa l'ha colpita di più?
"Mi ha colpito molto un luogo che si chiama Triora, dello "il paese delle streghe", un posto davvero magico che mi ha catapultato nel medioevo. Ricordo ancora benissimo quella sensazione che ho provato; l’aria fredda, le strade in penombra, tutte le viuzze strette in pietra tra salite e discese su pavimenti ciottolati e un silenzio assordante tra i vicoli deserti. Passata la notte, il risveglio è stato mozzafiato, aprendo la finestra della camera, mi sono ritrovato davanti un panorama incredibile e il mio primo pensiero è stato che ero fortunato ad essere io a condurre questo programma."
Cosa dobbiamo aspettarci di diverso agli altri programmi?
"Ho voluto fare un'esperienza più itinerante, portando a scoprire le radici del territorio, i piatti della tradizioni fatti con pochi ingredienti, che riescono a creare un'armonia perfetta di sapori. "A casa cucina papà" invece, racconta più la mia dimensione familiare di un papà, con una famiglia allargata e anche compagno di una mamma con altri figli. In questa situazione più intima, mentre si cucina si parla di cose personali, dell'educazione dei figli e di quello che è oggi il ruolo della famiglia attraverso il cibo, che diventa un collante importante, se pensiamo a tutti riuniti intorno ad un tavolo per mangiare. Nelle ultime puntate sono venute anche le mie figlie ad "aiutarmi in cucina" in questa dimensione allargata di nucleo moderno, che lega anche un po' il mio programma radiofonico su Isoradio ogni venerdì alle 11 all'interno de Le Casellanti."
Anche questo sarà un programma di viaggio itinerante.
"Il pensiero che sto portando avanti in questo ultimo periodo è quello della famiglia al centro del mondo. Noi siamo italiani, crediamo molto in questo concetto, nei valori che vengono dal nostro passato, ma sono importanti e fondamentali per il nostro presente e il nostro futuro. Sarà una sorta di rubrica, che girando per l'Italia nei luoghi che la gente conosce attraverso il "viaggio", parlerà di temi importanti, dal ruolo della donna a quello dell'aiuto in famiglia da parte dei nonni. È un programma a cui tengo particolarmente."
Il Made in Italy è sempre una certezza?
"Credo che Made in Italy sia un concetto un po' troppo abusato in questo momento e non significa sempre eccellenza, perché viene utilizzato spesso come promozione di un prodotto che non forza corrisponde poi alla qualità. Il vero Made in Italy è quello che riusciamo a reperire dal piccolo produttore, dalle persone che hanno lavorato con le proprie mani le materie prime. Io cerco sempre di consigliare a tutti queste piccole realtà che ancora oggi credono in quello che producono e con cui si può instaurare una sorta di rapporto umano."
Però viviamo in un'epoca in cui centri commerciali e grande distribuzione sono più comodi e veloci...
"Sarebbe importante che, anche in parte, venissero sostituite dal dedicare insieme ai figli qualche weekend a scoprire piccole fattorie, dove magari si fa ancora il formaggio, c'è la produzione di frutta o salumi. Avremo un doppio risultato, quello di mangiare bene, portare in tavola cose salutari e far avvicinare i nostri figli la bellezza della natura e degli animali, oltre che aiutare l'economia di queste piccole aziende. Questo a mio parere è il vero Made in Italy".
Stiamo diventando una popolazione multietnica, come influisce questo sulla nostra cucina tradizionale?
"Sicuramente abbiamo grandi influenze, sia per quanto riguarda il cibo che la trasformazione. Mi viene in mente il cavolo cinese che ha preso piede sulle nostre tavole. Basta andare al supermercato per trovarlo, così come molti altri prodotti diversi da quelli della nostra tradizione, che credo stiano facendo bene alla nostra cucina. È giusto aprire gli orizzonti. Parlando anche della bontà del chilometro zero, ora abbiamo frutta e verdura nel nostro Paese che non necessariamente viene dall'altra parte del mondo. Ad esempio l'avocado di cui c'è una grande produzione in Sicilia."
Pro o contro all'innovazione?
"Sono assolutamente a favore dell’innovazione e questo tipo di cucina chiamiamola "fusion" mi piace moltissimo. Stimola il palato e la curiosità di chi lavora nel food, anche a livello commerciale. Io ad esempio sono siciliano di nascita, ma lombardo di adozione e di queste due terre ho preso molti elementi fondandoli insieme: i profumi, gli aromi, l’agrodolce, la cultura del prodotto a chilometro zero della Sicilia, ma anche la modernità e la ricerca nel mondo food della Lombardia. Mescolandoli vengono fuori vere eccellenze. Oggi, in ogni caso, non va dimenticato che il food è il motore del nostro Paese."
È molto attivo sui social, che strumento sono per lei?
"Un canale fondamentale per testare, scoprire, conoscere. La gente li usa sempre dalla mattina alla sera e mi piace indagare sui loro gusti per capire se delle cose funzionano o meno.
Spesso scendo proprio per la strada per intervistare le persone. Per me il cibo è un atto d'amore, per cui spesso mi piace far raccontare alle persone il loro "atto d'amore" e quale mezzo possa essere il cibo per loro. È qualcosa che ti apre molto la mente".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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