Solo un'operazione navale già prevista. Gli Usa commentano così l'ingresso della portaerei statunitense Abraham Lincoln nello stretto di Hormuz, negando che il passaggio della nave nel Golfo Persico sia stato un atto dimostrativo nei confronti dell'Iran. A specificare la natura della missione il comandante Amy Derrick-Frost, portavoce della quinta flotta, di stanza in Bahrain.
L'ingresso della Uss Lincoln nel Golfo, secondo il comandante, avrebbe avuto l'unico scopo di portare a termine operazioni di sicurezza marittime che erano già previste. Non avrebbe nulla a che fare, quindi, con le relazioni piuttosto tese tra Washington e Teheran. Le navi americane non sono nuove a operazioni nel Golfo. È però vero che a dicembre, quando la Uss John Stennis aveva lasciato la zona, Teheran aveva ammonito gli Stati Uniti di non navigare più in quell'area, promettendo anche di usare la forza militare per chiudere lo stretto, se fossero state approvate sanzioni economiche contro il Paese.
L'embargo petrolifero per ottenere la cessazione del piano di proliferazione nucleare iraniano ci sarà. A confermarlo anche il ministro degli esteri Giulio Terzi, secondo il quale "le prospettive sono positive". L'embargo, secondo una fonte di France Press, sarà però graduale, anche se volto a ostacolare in ogni modo possibile i pagamenti da parte di soggetti iraniani di prodotti acquistati da aziende europee, con la sterilizzazione dei rapporti con la Bce.
Nel nuovo provvedimento che colpirà l'Iran - hanno dichirato autorità britanniche ed europee - non sarà compreso lo sfruttamento di gas naturale, che vede coinvolta l’azienda petrolifera iraniana Naftiran Intertrade. A sottolinearlo è il Wall Street Journal, che precisa che il progetto è considerato fondamentale per la riduzione della dipendenza energetica dalla Russia, nella convinzione che le sanzioni debbano "infliggere il massimo della sofferenza economica agli iraniani senza consentire alla Russia di tenere ostaggio l’Europa orientale per le forniture energetiche".
La decisione relativa all'embargo raccoglie il consenso di Israele. "L’inasprimento delle sanzioni e il tono adottato dagli europei sono importanti perché fanno capire agli iraniani che non è accettabile che proseguano il loro programma nucleare", ha affermato Dan Meridor, ministro dei servizi d'intelligence. Favorevole anche la Grecia, che in un primo momento aveva chiesto un anno di tempo prima di tagliare i ponti con il Paese. Atene si trova già in una situazione piuttosto difficile per colpa del debito sovrano e dichiarare l'embargo nei confronti di Teheran vorrebbe dire rinunciare alla fornitura di greggio, che dall'Iran arriva con condizioni molto vantaggiose.
Con il sì all'embargo sembra farsi più probabile la chiusura dello stretto. L'avvertimento viene da Mohammad Kossari, vicecapo della Commissione Esteri e Sicurezza Nazionale del Parlamento di Teheran.
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