Francesco Alberoni, morto ieri notte a 93 anni al Policlinico di Milano, è stato una colonna di questo giornale ma soprattutto il sociologo di maggior successo in Italia. Molti lo ricordano per i suoi libri sull'innamoramento nei quali Alberoni portava la politica nella vita di coppia e il sentimento nella vita pubblica. Le sue teorie rasentano la genialità, e chi ci ha scherzato sopra non ha capito niente. I movimenti di massa, secondo Alberoni, potevano essere spiegati come una forma di innamoramento per il leader. Questo era particolarmente vero in alcuni momenti della storia d'Italia. Solo i grandi avevano il privilegio di sedurre le masse. Così Alberoni spiegava, ad esempio, il successo di Silvio Berlusconi. Dopo il leader di Forza Italia, Alberoni diede pari credito solo al primo Matteo Renzi, che saprà prima incantare e poi deludere brutalmente i suoi «fedeli d'amore».
Con un'idea uguale e contraria, Alberoni spiegava l'innamoramento tra persone, in particolare l'amore delle coppie. L'amore è una forza rivoluzionaria: in piccolo è una ribellione (a se stessi, alle convenienze, alle usanze borghesi, ai cuori tiepidi) assimilabile alla presa della Bastiglia. Non c'è amore, e non c'è coppia, senza un cambiamento radicale. Se la coppia è capace di rinnovare la sfida, a se stessa e al mondo esterno, allora può durare per sempre. Queste idee sono alla base di successi milionari, ottenuti con bestseller che si trovano quasi in ogni casa italiana. La grande popolarità era cominciata nel 1979 con «Innamoramento e amore»: un milione di copie, tradotto in tutto il mondo. Questo saggio faceva uscire la sociologia dalle aule universitarie e la portava nei nostri salotti, mostrando come la vita sentimentale avesse un rapporto molto preciso con quella pubblica. L'innamoramento era la fase iniziale dell'amore, quella rivoluzionaria. Poi subentrava l'amore vero e proprio, un sentimento stabile, che ci dona una forza insospettabile, specie quando, nel rapporto, sembra farsi largo, in modo irrimediabile, la routine. Sulla scia di Innamoramento e amore erano venuti altri bestseller come L'amicizia (1984), L'erotismo (1986), L'altruismo e la morale fino al più recente L'amore e gli amori (2017), dove riprendeva il suo tema più caro.
Forse a qualcuno è sfuggita la profondità del pensiero di Alberoni, che sapeva anche essere un grande divulgatore: chi legge questo giornale ha potuto ammirare la chiarezza delle sue dissertazioni settimanali. Era anche un uomo simpatico. Ironizzava sul suo successo, che riteneva comunque, e giustamente, meritatissimo, e anche sulla sua ricchezza, un tema spesso ostico da affrontare per molti ma non per lui. Chi ha avuto la fortuna di frequentarlo, ricorda la spiegazione lucidissima del trionfo di Beppe Grillo e dei Cinque stelle; una spiegazione geniale, perché nel momento di massimo consenso, Alberoni già intravedeva l'altrettanto rapido declino. Grillo, come «amante», era deludente: non c'era sostanza da condividere con i suoi «innamorati» che presto si sarebbero stancati.
Basterebbe questo per fare di Alberoni un totem della cultura europea (italiana infatti è poco, non vorrete dire che un Bauman o un Augé gli sono superiori!). Ma Alberoni era stato anche molte altre cose, fin dai tempi in cui arrivava con la sua decapottabile alla tristemente famosa università di Trento, della quale era rettore. Come sappiamo, proprio Trento fu l'incubatrice del terrorismo rosso.
Oggi vi perforeranno le orecchie con «Alberoni sociologo pop». Sappiate che è soltanto un luogo comune in voga presso i suoi detrattori. In realtà Alberoni ha avuto una istruzione di primissimo livello. Nato a Piacenza nel 1929, dopo aver studiato al liceo scientifico Respighi si trasferì a Pavia, dove fu allievo del Collegio Cairoli e si laureò in medicina nel 1953. Sempre a Pavia studiò psichiatria, con Carlo Berlucchi ed Ermenegildo Gastaldi, e statistica on Giulio Maccacaro, divenendo allievo di sir Ronald Fisher. In seguito studiò a Milano psicoanalisi con Franco Fornari, matematica e teoria dell'informazione con Guido Bortone, lavorando inoltre con padre Agostino Gemelli. Può bastare per capire la profondità della cultura di Alberoni, uno che poteva dare del tu a Roland Barthes. È stato il primo studioso italiano a scrivere di «sociologia dei consumi». Abile nel passare dalla teoria alla pratica, fu anche un grande inventore di pubblicità. Dopo aver scritto Consumi e società, capolavoro sulla nascita delle tecniche di marketing, diventa consulente di molte imprese. Per Piero Bassetti segue l'invenzione di prodotti come il Piumone e il lenzuolo Perfetto. Per Anna e Carlo Bonomi si applica alle campagne della Postal Market e della Miralanza. Lancia Stefanel e Trussardi.
Infine il suo capolavoro in questo settore: la collaborazione al lancio, per Pietro Barilla, del Mulino Bianco. Fu anche il primo a indagare il fenomeno nascente del divismo: pionieristico, e bellissimo, è il suo Il potere senza élite, roba del 1963. Era ed è considerato tuttora il più importante studioso internazionale dei «movimenti collettivi». I suoi libri più importanti sono Statu nascenti. Studi sui processi collettivi (1968) e Classi e generazioni (1970).
Il testo identificato come pietra angolare della costruzione del pensiero sociologico di Alberoni è Movimento e istituzione (1977): il concetto sviluppato nel libro gravita attorno alla definizione dello stato nascente, la «condizione nascente», il momento in cui la leadership, le idee, la comunicazione si fondono dando origine al movimento.
Altro che sociologo pop.
Francesco Alberoni è stato un grande studioso con la capacità unica di essere comprensibile a tutti, quando voleva. Resta un maestro tutto sommato neppure compreso fino in fondo. Il successo, in un certo senso, ha fatto ombra alle sue idee, assolutamente calzanti e innovative.
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