Università statali in crisi: calano le matricole e aumentano i cervelli in fuga

Il Rapporto sullo stato degli Atenei italiani presentato nella sede della Conferenza dei Rettori a Roma. Quasi quattromila matricole in meno in un anno e pessime notizie anche per le donne che a parità di titolo di studio continuano a guadagnare meno degli uomini.

Cattive notizie per gli atenei italiani. Diminuiscono gli iscritti all'Università, soprattutto al sud. Meno matricole oggi, meno laureati domani. È soprattutto l'università pubblica ad arrancare mentre le private tengono. Questi i risultati dello studio condotto al Centro studi comunicare del Consiglio universitario nazionale, Cun, basato su dati del ministero e presentato dalla Conferenza nazionale dei Rettori, Crui.
Dallo scorso anno le immatricolazioni sono scese del 5 per per cento (ovvero 3.986 iscritti in meno) nelle università statali e addirittura del 9,2 negli ultimi quattro anni, confermando la tendenza alla diminuzione in atto. È il sud a soffrire di più con un calo record del 19,6. Un dato che contrasta con quello positivo dell' aumento dei diplomati, più 0,9 nel 2010. Diplomati che però scelgono evidentemente strade diverse dall'Università in un numero sempre maggiore. Nel 2010 soltanto il 62 per cento si è iscritto in un Ateneo contro il 66 del 2009, il 63 del 2008 e il 68 del 2007. In quattro anni il numero dei diplomati che prosegue gli studi all'università è calato del 6 per cento.
A soffrire di più sono il sud ed il centro Italia con un meno 5,4 per cento di immatricolazioni nell'ultimo anno per le università del Centro e del 6,9 per il Sud. Va meglio al nord con un calo delle immatricolazioni, nell'ultimo anno, dello 0,5 per il nord ovest e del 3,2 per il nord est.
Tra le facoltà resistono quelle scientifiche che raccolgono il 33,5 per cento delle immatricolazioni del 2010 contro il 32,6 del 2009. Non stupisce il calo delle facoltà umanistiche (16,8 nel 2010; 17,1 nel 2009) e sociali, (37,8 nel 2010; 38 nel 2009). Stabili le lauree sanitarie, 12 per cento, anche perché ad ingresso contingentato.
Vanno meglio invece le università non statali. Nel 2010 segnano un più 2 per cento di neoiscritti che le porta, negli ultimi quattro anni, dal 6,1 al 6,6 degli immatricolati totali in Italia.
Accanto a questi dati anche quelli dell'ultimo rapporto sull'occupazione dei laureati di Almalaurea che confermano purtoppo una deriva negativa. Non è sanata la discriminazione che riguarda le donne. Tra i laureati specialistici biennali a un anno dal conseguimento del titolo lavora il 59 per cento degli uomini e soltanto il 53 delle donne che oltretutto a parità di titolo continuano a guadagnare di meno: la media è di 1.519 per gli uomini e di 1.167 per le donne.
Continua anche la fuga di cervelli che non viene numericamente compensata dall'arrivo di studenti dall'estero: per ogni cervello che entra infatti ne esce uno e mezzo. Nel 2009 era il 3 per cento dei laureati specialistici biennali ad essersi trasferito per lavoro all'estero, nel 2010 è salito al 4,5.


Andrea Lenzi, il presidente del Cun sottolinea come la diminuzione delle matricole rappresenti «un grave danno anche di fronte ad un presente e soprattutto ad un futuro basati sulla conoscenza e dove la capacità d'innovare è diventata motivo di sopravvivenza per i paesi industrializzati».

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