La morte del cardinale Pell avvicina un "nuovo" Bergoglio?

Il porporato australiano era la vera guida dei "conservatori". Senza di lui, diventa sempre più concreta l'eventualità di un futuro Conclave all'insegna della continuità con l'attuale pontificato

La morte del cardinale Pell avvicina un "nuovo" Bergoglio?

Preti, suore, religiosi, seminaristi, famiglie. Erano in tanti nella Basilica San Pietro, ieri, per l'ultimo saluto al cardinale George Pell morto martedì scorso a 81 anni. La morte improvvisa del porporato australiano, sopraggiunta per un arresto cardiaco seguito ad un intervento di routine a cui si era sottoposto in una clinica romana, ha lasciato sotto shock i suoi non pochi estimatori ed ha avuto l'effetto di rendere manifesto il peso significativo che Pell aveva guadagnato in una parte non trascurabile della Chiesa. Quella che vive con disagio certe accelerazioni viste in questo pontificato nell'"aprire processi".

Il funerale

Il funerale del prefetto emerito della Segreteria per l'economia ha riunito a San Pietro i membri del Sacro Collegio residenti a Roma, tra cui diversi "reduci" della stagione wojtyliana-ratzingeriana. Qualche nome: il nigeriano Francis Arinze, l'italiano Camillo Ruini, il tedesco Walter Brandmüller, lo statunitense Raymond Leo Burke. Questi ultimi in particolare - gli ultimi due viventi tra i firmatari dei famosi dubia su Amoris Laetitia - erano legatissimi a Pell.C'erano anche Gerhard Ludwig Müller e Giovanni Angelo Becciu, creati da Francesco ma poi da lui stesso esautorati dai loro incarichi in Curia. Seppur con diverse motivazioni, sono alcuni dei cardinali che vivono con maggiore insofferenza l'indirizzo e le decisioni dell'attuale pontificato. Un'insofferenza tornata d'attualità in queste settimane dopo la morte di Benedetto XVI e soprattutto dopo le rivelazioni del suo segretario particolare, monsignor Georg Gänswein sulle sue incomprensioni con Francesco. Anche l'arcivescovo tedesco era in Basilica, a pochi metri dal Papa che ha tenuto il rito dell'ultima raccomandazione e commiato.

L'ultimo articolo

Jorge Mario Bergoglio, arrivato in sedia a rotelle ma comunque in grado di rimanere in piedi per diversi minuti, ha chiuso il funerale del cardinale che ha esplicitato quel disagio serpeggiante in Curia. L'ultima eredità di Pell, infatti, è una critica molto dura ad uno dei progetti a cui papa Francesco è più affezionato, quel Sinodo sulla sinodalità che il porporato australiano - in un articolo scritto poco prima di morire e pubblicato postumo dalla rivista britannica The Spectator - ha definito "un incubo tossico".Il documento preparatorio diffuso dalla segreteria generale del Sinodo, secondo Pell, sarebbe "uno dei documenti più incoerenti mai inviati da Roma". Nel suo stile poco diplomatico, il prelato recentemente scomparso ha accusato il testo di essere "incompleto, ostile in modo significativo alla tradizione apostolica" e di non riconoscere "da nessuna parte il Nuovo Testamento come Parola di Dio".

Il memorandum

Non c'era solo il Sinodo sulla sinodalità a impensierire il prefetto emerito della Segreteria per l'economia. Il vaticanista Sandro Magister, infatti, ha rivelato che proprio Pell fu l'autore di un memorandum redatto da un cardinale rimasto finora anonimo e che denunciava quelli che venivano ritenuti tutti i problemi nel governo della Chiesa. Firmato con lo pseudonimo di Demos e circolato nel Sacro Collegio, il documento non si limitava alle questioni di dottrina e di pastorale, ma prendeva di mira anche la situazione finanziaria e quella giudiziaria.

Notevole il fatto che nel testo sia stata menzionata la condizione del cardinale Becciu, attualmente sotto processo in Vaticano per l'inchiesta nata dallo scandalo londinese, sostenendo che il porporato sardo "non è stato trattato con giustizia": Pell, infatti, è stato un oppositore dell'ex sostituto ed aveva accolto inizialmente con favore la sua destituzione. Ma l'indirizzo preso dall'indagine e dal processo a suo carico - se la rivelazione di Magister venisse confermata - potrebbe aver fatto sì che l'ex nemico australiano avesse solidarizzato alla fine con Becciu.

Obiettivo Conclave?

"Demos" accusava con nettezza un suo confratello, il cardinale Jean-Claude Hollerich, di essere "esplicitamente eretico" perché "rigetta l'insegnamento cristiano sulla sessualità". E in effetti anche a Il Giornale.it risulta che Pell ritenesse necessario un intervento della Congregazione per la dottrina della fede per correggere le dichiarazioni del gesuita lussemburghese che aveva invocato un cambiamento di dottrina sull'omosessualità. Hollerich, peraltro, viene addirittura indicato come uno dei nomi papabili in un prossimo Conclave nel caso dovesse prevalere la linea della continuità.Il memorandum pubblicato lo scorso marzo da Magister sul suo blog Settimo Cielo parlava senza mezzi termini di un futuro Conclave, dicendo che "i primi compiti del nuovo papa saranno il ripristino della normalità, il ripristino della chiarezza dottrinale nella fede e nella morale, il ripristino del giusto rispetto del diritto e la garanzia che il primo criterio per la nomina dei vescovi sia l’accettazione della tradizione apostolica".

Il carisma di Pell

Un testo, dunque, che si presentava come una sorta di manifesto programmatico senza cadere negli intrighi di eventuali candidature, ma limitandosi ad un elenco di cose da fare.

Se è vero che Pell lo scrisse, lo fece per lanciare la sua candidatura? Questa è un'ipotesi da escludere. Nonostante le doti riconosciute di leadership, il cardinale aveva già superato gli 80 anni e non sarebbe comunque entrato in Conclave (pur potendo, teoricamente, essere eletto dai confratelli elettori). Non coltivava simili ambizioni ma è probabile che fosse spinto dal suo incondizionato amore per la Chiesa che lo portava, dunque, a identificare il bene per lei con quanto espresso nel testo. Piuttosto, non è da escludere che il porporato australiano avrebbe potuto svolgere un ruolo da popemaker per un eventuale candidato "centrista", considerate le sue capacità organizzative ed un certo pragmatismo da politico.

Semplificando ciò che è difficile semplificare, la sua morte improvvisa ha fatto perdere al fronte degli scontenti la figura probabilmente più carismatica e capace di farsi ascoltare anche da chi non ha preso posizione pubblicamente sui temi più divisivi degli ultimi nove anni.

Il rapporto con Francesco

A volere Pell in Curia includendolo prima nel Consiglio dei cardinali e poi affidandogli la guida della Segreteria per l'economia vaticana fu proprio Francesco. ll Papa anche di recente ha più volte avuto parole di stima nei confronti del porporato australiano, definendolo "genio" e "un grande uomo" per il lavoro fatto sulle finanze vaticane. Dell'australiano, Bergoglio apprezzava probabilmente la schiettezza che lo contraddistingueva anche al suo cospetto e che lo aveva portato anche a criticare la decisione di Benedetto XVI - da lui molto apprezzato - di dimettersi e poi di assumere il titolo di Papa emerito.

Una schiettezza di cui ha dato prova anche nel suo ultimo scritto pubblico, l'articolo già citato e pubblicato da The Spectator, successivo ai complimenti indirizzatigli dal Papa nell'intervista tv a Mediaset e che sembra destinato ad aprire una discussione nella Chiesa anche dopo la sua morte.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica