Lo scorso sabato, mentre l'attenzione di tutti era concentrata sull'udienza a Volodymyr Zelensky, Francesco ha promulgato la nuova Legge fondamentale dello Stato della Città del Vaticano. Il testo regola l'organizzazione interna dello Stato di cui è sovrano il Papa e va a sostituire quello precedente entrato in vigore il 22 febbraio 2001 al posto della Legge fondamentale del 1929.
Le novità
Leggendo il testo e facendo un confronto con quello del 2001, salta subito agli occhi l'utilizzo del termine "funzioni" anziché quello di "potere" che viene riservato soltanto al Pontefice per rimarcarne la pienezza della potestà di governo. Secondo Maria D'Arienzo, ordinaria di Diritto Ecclesiastico, Diritto Canonico e Diritti Confessionali all'Università degli Studi di Napoli Federico II interpellata da IlGiornale.it, questa modifica denoterebbe la volontà di presentare la funzione legislativa, esecutiva e giudiziaria come "espressioni del potere strumentale all’azione del Pontefice" e sarebbe una conferma della "natura strumentale di Città del Vaticano alla missione della Chiesa cattolica, essendo uno Stato che ha una sua peculiarità e una sovranità sui generis".
Il Papa al centro
La centralità del Sommo Pontefice nel governo dello Stato rimarcata dall'esclusività della parola "potere" va in una direzione leggermente diversa rispetto al testo del 2001 che pur mantenendo l'esercizio del potere legislativo, esecutivo e giudiziario come prerogativa del Papa, ammetteva diverse deleghe e attribuzioni a commissioni e tribunali dando continuità a quello smarcamento del Successore di Pietro dal governo ordinario avviato nel 1939 da Pio XII con la costituzione della Pontificia Commissione per lo Stato Città del Vaticano chiamata a governare lo Stato in suo nome. La nuova Legge non cambia quest'impianto e lascia intatta, ad esempio, la Pontificia Commissione soprammenzionata ma non prosegue su quella strada di alleggerimento al Papa del peso dell'esercizio dei poteri a lui attribuiti nel governo ordinario, come si può evincere dall'articolo 1.
L'apertura ai laici
A proposito della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, con quattro parole ("e da altri membri") all'articolo 8 si ammette la possibilità che a farne parte siano anche non cardinali. E quindi anche laici. La professoressa D'Arienzo spiega a IlGiornale.it che questa scelta va inquadrata "all'interno di una visione ecclesiologica diversa rispetto al passato" che presuppone "un'apertura a quello che noi chiamiamo il Popolo di Dio".
Un orientamento che Francesco ha già manifestato in altri atti legislativi, come la Praedicate evangelium sulla Curia Romana e la In ecclesiarum communione sull'ordinamento del Vicariato di Roma. "Questa nuova Legge fondamentale - sostiene D'Arienzo - s'inserisce nell’opera riformatrice che il Papa sta conducendo, basata su un maggiore coinvolgimento delle voci ecclesiali e, pur riguardando entità diverse, ha in comune con le due Costituzioni Apostoliche su Curia e Vicariato una tendenza alla declerizzazione".
Le critiche
La pubblicazione del testo, che entrerà in vigore dal prossimo 7 giugno, ha suscitato anche critiche tra gli addetti ai lavori. Il Sismografo, sito specializzato su tutto ciò che riguarda la Chiesa cattolica e il Vaticano, ha dato spazio alla nota inviata da un lettore che ha rilevato due errori di grammatica agli articoli 6 e 10. "Forse c'è un po' di 'leggerezza' in alcuni documenti rilevanti e solenni di Papa Francesco. Magari occorre più attenzione", ha commentato il portale diretto da Luis Badilla Morales.
Anche Silere non possum ha evidenziato alcune criticità della nuova Legge fondamentale, facendo notare che non c'è più traccia di quanto sancito nell'articolo 18 del testo pubblicato nel 2000 ed entrato in vigore nel 2001 dove per le controversie relative ai rapporti di lavoro si attribuiva la competenza all'ULSA, ovvero l'ufficio del lavoro della Sede Apostolica. "I dipendenti dello Stato per far valere i propri diritti, potranno rivolgersi solo e soltanto al Tribunale, il quale peraltro non ha particolari competenze in merito al diritto del lavoro", ha scritto Silere non possum.
La distinzione
Nell'articolo 2, il legislatore ha sentito la necessità di precisare in un comma che "lo Stato e il suo ordinamento sono distinti dalla Curia Romana e dalle altre Istituzioni della Santa Sede". La puntualizzazione di una distinzione che, se dovrebbe essere scontata in ambito giuridico, deve essere apparsa necessaria al legislatore alla luce dei continui fraintendimenti che su questo tema vengono fatti in ambito giornalistico e persino politico. Emblematiche a questo proposito sono state in tempi recenti le esternazioni del senatore Carlo Calenda sul caso Orlandi che mettevano nel calderone Vaticano, Santa Sede e persino il concetto di laicità dello Stato (riferito quindi alla Chiesa cattolica) come se fossero l'uno sinonimo dell'altro.
La precisazione dell'articolo 2 della nuova Legge, secondo la professoressa D'Arienzo, appare dunque come un richiamo a "chi tende a sintetizzare e confondere, cosa che avviene anche per ciò che riguarda diritto canonico e diritto vaticano". La docente fa notare a IlGiornale.it come l'architettura istituzionale sui generis dello Stato di Città del Vaticano "viene semplificata o anche confusa, confondendo quelli che sono i riferimenti giuridici delle diverse entità".
Alla prova della realtà
Se c'erano voluti quasi 70 anni prima di sostituire la Legge fondamentale del 1929, Francesco ha deciso di mandare 'in pensione' il testo di san Giovanni Paolo II 23 anni dopo. Ieri come oggi, la promulgazione di un nuovo testo dovrebbe rispondere alla necessità di affrontare i nuovi e complessi problemi del piccolo Stato tenendo a mente le finalità istituzionali della sua esistenza, ovvero l'indipendenza da garantire alla Sede Apostolica e al Papa nell'esercizio della missione universale. Per Giovanni Terrano, professore di dottrina dello Stato presso l'Università degli Studi Guglielmo Marconi, la nuova Legge "conferma il carattere 'assoluto' dello Stato di Città del Vaticano" e "ed è lontana dalle costituzioni liberali ottocentesche che oggi sono ritenute assolutamente antiquate e lontane dai principi dello Stato sociale".
In effetti, tuttavia, come spiegava a proposito della Legge del 2001 il compianto professor Giuseppe Dalla Torre che fu presidente del Tribunale dello Stato, pur essendoci nell'ordinamento vaticano disposizioni sui diritti e i doveri fondamentali, questi testi non hanno carattere costituzionale.
Scriveva l'insigne giurista già rettore della Lumsa: "Il cuore della Costituzione materiale dello Stato della Città del Vaticano va ricercato, in definitiva, tra gli elementi della stessa Costituzione della Chiesa; in particolare in quel ministero petrino, posto provvidenzialmente a servizio della comunione ecclesiale e dell'unità di tutta la Chiesa, per la cui libertà e indipendenza da qualsivoglia autorità secolare questo Stato esiste ed ha ragione di esistere".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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