"Adatti per mediare". "Ci devono delle scuse": scintille tra Mosca e Vaticano

La portavoce del ministro degli Esteri russo tira in ballo le parole del Papa per dire no ad una mediazione della Santa Sede

"Adatti per mediare". "Ci devono delle scuse": scintille tra Mosca e Vaticano

L'intervista di papa Francesco ad America continua a lasciare strascichi nelle relazioni con il Cremlino. L'accusa di crudeltà all'esercito di Vladimir Putin, indirizzata ai soldati ceceni e buriati non è andata giù a Mosca ed oggi la conferma è arrivata di nuovo dalla bocca della portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova.

La portavoce di Sergej Lavrov, infatti, ha chiuso la porta alla disponibilità manifestata dal Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin che al termine della presentazione al Senato di un libro su Giorgio La Pira aveva ripetuto che il Vaticano potrebbe essere il "terreno adatto" per ospitare un tavolo di pace sul conflitto in Ucraina.

Il numero due della Santa Sede, tuttavia, non aveva taciuto i problemi attualmente esistenti per l'avvio di un percorso di questo tipo, osservando come ora non ci siano le condizioni. Un pessimismo che ha trovato riscontro poco dopo nelle parole di Zakharova. "Temo che i miei fratelli ceceni e buriati non l'apprezzerebbero", ha affermato sul suo canale Telegram la portavoce del ministro degli Esteri russo. "Per quanto ricordo, nessuno in Vaticano ha pronunciato parole di scuse", ha continuato la funzionaria russa lanciando una stilettata alla Santa Sede per le parole su ceceni e buriati pronunciate dal Papa nel corso dell'intervista alla rivista dei gesuiti statunitensi.

Oggi, intanto, Francesco è tornato ad accennare alla guerra in Ucraina nel corso della messa celebrata a San Pietro per la solennità della Vergine Maria di Guadalupe. Nell'omelia, infatti, ha definito quello che stiamo vivendo come un "periodo amaro" con "presagi di ancor più grande distruzione e desolazione".

Quella terza guerra mondiale a cui Jorge Mario Bergoglio ha più volte fatto riferimento nei suoi riferimenti e che, anche attraverso il lavoro diplomatico della Segreteria di Stato, intende evitare a tutti i costi.

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