Il Sinodo sulla sinodalità si è chiuso da un settimana senza suscitare nè interesse nè entusiasmo. Rispetto all'anno precedente, la scarsa copertura mediatica ha dato ancora di più l'idea di un evento ridottosi a discussione tra pochi e per pochi. La scelta dei più oltranzisti di puntare tutto sulla questione del diaconato femminile, ottenendo un'apertura nel documento finale a proposito della necessità di "proseguire il discernimento a riguardo", non ha reso a livelli di consensi. Il tema, infatti, viene percepito come non prioritario tra il cosiddetto Popolo di Dio e non è riuscito a sfondare nel resto dell'opinione pubblica, compresa quella più militante.
L'endorsement cardinalizio
Ma l'accesso delle donne al ministero diaconale sembra stare a cuore ad una parte del vertice ecclesiastico adeguatamente rappresentata anche nell'attuale collegio cardinalizio. È il caso del cardinale 91enne Walter Kasper, uno dei teologi preferiti dal Papa. Il porporato tedesco, da sempre esponente di punta del cattolicesimo più progressista, ha colto come un assist la parte del documento finale uscito dal Sinodo che tiene aperta la questione del diaconato femminile. Kasper ha parlato con la rivista teologica internazionale "Communio" facendo riferimento proprio al testo prodotto dal lavoro dei partecipanti al Sinodo. “Il fatto che diverse commissioni siano state incaricate della questione della reintroduzione del diaconato femminile, ma che nessuna di esse sia giunta a una decisione unanime - ha detto il cardinale - dimostra che la questione è controversa, ma anche aperta, e come questione aperta è anche menzionata nel documento finale del sinodo”. Kasper ha preso posizione nettamente, rispondendo ad una domanda del teologo Jan-Heiner Tück sul diaconato femminile: "non è deciso in modo vincolante dal magistero", ha detto il presule, aggiungendo: "Io stesso ho lottato a lungo con la risposta a questa domanda e ora sono giunto alla conclusione che ci sono buone ragioni che rendono teologicamente possibile e pastoralmente sensato l’apertura del diaconato permanente (!) alle donne. Ogni chiesa locale sarebbe libera di decidere se vuole che qualcuno approfitti di questa opportunità oppure no". Nell'intervista Kasper ha anche elogiato il metodo del Sinodo, inclusa la partecipazione e il voto dei laici. "Il metodo sinodale - ha spiegato il cardinale tedesco - si è rivelato un’alternativa benefica ai dibattiti aggressivi e a tutta la mancanza di cultura che prevale oggi nei dibattiti politici e purtroppo anche in quelli ecclesiali". Difendendo la recente novità del voto dei laici, Kasper - che Francesco definì a inizio pontificato "un buon teologo" - ha sostenuto che "il Sinodo non è un congresso di teologi. Si vuole permettere al popolo di Dio di dire la sua con le sue diverse esperienze di fede e tuttavia anche con il comune senso di fede donato nel battesimo".
La voce del cardinal Zen
Ma le posizioni di Kasper non sono condivise da tutti. Una voce molto autorevole all'interno della Chiesa che ha espresso forte perplessità su questo Sinodo arrivato una settimana fa alle battute finali è quella del cardinale cinese Joseph Zen Ze-kiun. Il 92enne, simbolo della lotta per la libertà religiosa e di parola, ha di recente pubblicato un nuovo libro dal titolo "Una, santa, cattolica e apostolica Dalla Chiesa degli Apostoli alla Chiesa 'sinodale'", edito da Ares e curato da Aurelio Porfiri. Il volume è piuttosto esplicito sul Sinodo sulla sinodalità. Riferendosi alla sessione del 2023, Zen ha scritto: "vedendo come si è conclusa la prima sessione del Sinodo sulla sinodalità nella Chiesa, non possiamo far altro che stupirci, dal momento che hanno dichiarato che non è ancora chiaro che cosa sia la sinodalità". Partendo da questo presupposto, il vescovo emerito di Hong Kong ha stroncato l'assise: "ma se non è chiaro il concetto di sinodalità, secondo quale criterio si più stabilire che il processo è stato sinodale e che la Chiesa sta di ventando sinodale?", si è chiesto nel libro. Analizzando le varie fasi che hanno formato il cammino sinodale concluso la scorsa settimana, il porporato cinese ha affermato senza mezzi termini di ritenere che "la prima fase sia stata un grande fallimento" agli occhi degli organizzatori. Zen ha criticato la scelta di far votare i laici, sostenendo che "ciò significa che questo non è più un Sinodo dei Vescovi (come una bottiglia di vino non è più ciò che dovrebbe essere se le viene aggiunta un gran quantità d’acqua)".
La bocciatura di questo punto è senz'appello: " Il Papa può convocare qualsiasi tipo di assemblea per ricevere i consigli che desidera. Ma nei sinodi dei vescovi votano soltanto i vescovi".
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