
Il finale, il primo maggio del 1945 in una Berlino messa a ferro e fuoco e dove si combatte strada per strada, è la cosa tragicamente più nota. Dopo aver ucciso i loro sei figli col cianuro, Johanna Maria Magdalena Rietschel (nella foto) e suo marito, ministro della propaganda nazista, Joseph Goebbels, si uccidono o si fanno uccidere. I dettagli divergono nelle varie testimonianze. Una delle versioni più probabili è che Magda con l'aiuto di un medico abbia prima stordito i ragazzi Goebbels con della morfina e poi abbia rotto loro in bocca delle fiale di cianuro. Ci sono prove, sotto forma di ecchimosi e contusioni, del fatto che la figlia maggiore, la dodicenne Helga, si sia svegliata e abbia lottato prima di essere uccisa. I corpi dei bambini, in vestaglia da notte, furono trovati nei letti a castello in cui furono uccisi quando le truppe sovietiche entrarono nel bunker, il giorno seguente. Poi i due coniugi sarebbero usciti nel cortile della Cancelleria, dove Goebbels avrebbe sparato a Magda con la sua P38 prima di suicidarsi.
Il tutto come finale wagneriano di un piano che Magda aveva spiegato in una lettera indirizzata al figlio avuto dal suo primo matrimonio con l'industriale Günther Quandt, Harald. «Siamo nel Führerbunker già da sei giorni - papà, i tuoi sei fratellini e sorelline ed io - nell'intento di dare alle nostre vite nazionalsocialiste l'unica possibile onorevole conclusione... sappi che sono rimasta qui contro la volontà di papà, e che anche domenica scorsa il Führer voleva aiutarmi ad andarmene. Tu conosci tua madre - abbiamo lo stesso sangue - non ho avuto alcuna esitazione. Il nostro glorioso ideale è andato in rovina e con esso tutto ciò che di bello e meraviglioso ho conosciuto nella mia vita. Il mondo che verrà dopo il Führer e il nazionalsocialismo non è più degno di essere vissuto e quindi porterò i bambini con me...».
Molto si è scritto sulla coppia Goebbels, concentrandosi spesso sulla figura di Joseph, sulle sue infedeltà, sul suo fascino mefistofelico. Meno si è insistito sulla psicologia di Magda, vista solo come tragico angelo della morte per quello che abbiamo raccontato o come Musa, non si sa quanto carnale, di Hitler. Ora il giornalista Mauro Mazza ha tentato un esperimento letterario decisamente più interessante. Un viaggio, ovviamente immaginifico, nella mente di Magda. È nato così Mostruosa mente (Fazi, pagg. 312, euro 18). Il libro mantiene la promessa della copertina, in cui si vedono una Magda a colori e un Goebbels in secondo piano e in bianco e nero. Il lettore percorre un lunghissimo monologo interiore - originale per la mancanza di punteggiatura sostituita nel flusso di pensiero dall'uso sapiente degli a capo - che si svolge nella mente di questa donna che vive una incredibile parabola di rabbia, ascesa, gelosia, ferocia, stoltezza e autodistruzione.
Si tratta di un viaggio furibondo e senza giudizio, tutto autonomamente narrato da chi, per la Storia, diventerà irredimibile, un viaggio disturbante che potrebbe ricordare da vicino quello fatto dagli spettatori del bellissimo film La zona di interesse (che racconta la nefanda noncuranza del male di Rudolf Höss, comandante del campo di Auschwitz, e dei suoi familiari). Mazza riesce a portare il lettore in un viaggio vertiginoso verso l'abisso di un male che, non ce ne voglia Hannah Arendt, fu atroce ma non banale.
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