Alberto Pasolini Zanelli
da Washington
Luiz Inacio Lula da Silva, il Volto Nuovo della sinistra brasiliana. In tutti sensi, adesso, cioè da quando il Compagno Presidente ha completato la sua «svolta moderata» e, forse per etichettarla meglio come innovatrice, si è fatto anche rifare la faccia. Con il botulino, per mano di una star della chirurgia estetica, Denise Steiner, che ha spostato per loccasione la sua clinica da Sao Paolo a Brasilia. A raccontare il dove, il come e il quando è stato il settimanale Veja: tre interventi, il primo nel febbraio 2004, e il terzo e ultimo due settimane fa, un po prima di comparire in televisione per una lunga intervista al programma Globo. E tutti lhanno trovato, sul teleschermo di casa, «con una faccia più liscia, più soda e più giovane. Grazie - continuano le rivelazioni di Veja - alle applicazioni della tossina: acido retinico allaltezza del naso e della fronte per rinnovare la pelle ed eliminare le macchie».
Con Globo ha funzionato e nessuno se ne è scandalizzato. Prima di tutto perché il Brasile ha una solida tradizione di avanguardia nella chirurgia estetica: a partire dallormai mitico Ivo Pitanguy, per arrivare, appunto, alla Steiner. Vanno laggiù a farsi «perfezionare» le persone ricche e famose dagli Stati Uniti e dallEuropa. Il secondo motivo è che non si tratta di una novità. Il primo a inaugurare questa moda in Brasile fu nell87 lallora senatore Fernando Henrique Cardoso, divenuto poi presidente nel 95. Il terzo motivo è il più importante: Lula non ne avrebbe, in questo momento, bisogno. Con la campagna elettorale ormai in dirittura darrivo per il voto di ottobre (il primo turno il 2, leventuale ballottaggio a fine mese) il leader uscente sembra aver accumulato un vantaggio proibitivo. Lultimo sondaggio dà Lula al 47% e il suo rivale Geraldo Alckmin a quota 22. Doppiato. Alckmin dovrebbe raccogliere i suffragi dei moderati, eredi del Partito socialdemocratico che, nonostante il nome è conservatore. Ma la sua personalità non ha «sfondato», e a quanto pare non riesce neppure a «fare il pieno» dei voti di quanti gli avrebbero preferito José Serra, sindaco di Sao Paolo, di cui Alckmin è stato fino a poco tempo fa governatore. È in gara anche un candidato che attacca Lula da sinistra, la senatrice Heloisa Helena, espulsa dal Partito dei lavoratori e oggi alla guida dei dissidenti del Psol, che si richiamano a una purezza rivoluzionaria tradita.
Non senza qualche motivo, perché Lula ha effettivamente governato in molto diverso da come si era presentato agli elettori. Vecchio sindacalista perseguitato dal regime militare, era entrato in politica con una forte caratterizzazione «alternativa» ai moderati, raccogliendo su tale programma i voti delle masse diseredate, soprattutto nel Noroeste. Ma poi, una volta addossatosi la responsabilità di presidente di una delle quattro più grandi democrazie del mondo, si è adoperato per calmare le paure di molti investitori di fronte ai suoi slogan socialisti. Ha trattato con il Fondo monetario internazionale invece di rompere, come molti speravano o temevano che facesse. Lula è riuscito anche in unacrobazia politica: ha partecipato ed è stato accettato ai due «vertici» delleconomia mondiale, quello «capitalista» di Davos e il Foro sociale dellAmerica Latina, mobilitato dal venezuelano Chavez e dai suoi imitatori: in sostanza si è posto come luomo del centro nel contesto sudamericano. Così facendo ha deluso molto tra i suoi più ardenti sostenitori, ma è riuscito a mantenere una rotta economica soddisfacente, a metà strada tra la crescita strepitosa di Cina e India e la stagnazione dei decenni precedenti in Brasile.
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