
In attesa che arrivi l'ultimo volume della saga che Antonio Scurati ha dedicato a Mussolini M. La fine e il principio (sarà in libreria dall'8 aprile per i tipi di Bompiani) non si può non registrare la polemica letteraria che parte dalle pagine della rivista on line Snaporaz, e che prende di mira il capitolo precedente della ponderosa opera: M. L'ora del destino (sempre Bompiani). A firmarla è lo scrittore e critico letterario Walter Siti. I termini della questione sono chiari a partire già dal titolo dato all'articolo dalla rivista on line: «Antonio Scurati e la passione del Bondage». Siti - in questo intervento tratto da un ciclo di incontri con critici letterari organizzato dal Gabinetto Scientifico Letterario G. P. Vieusseux di Firenze - pur rimarcando che «se c'è una cosa che non si può dire di Antonio Scurati è che non abbia consapevolezza teorica di quel che scrive e del perché lo faccia così», ha parole molto dure sull'esito complessivo dell'esperimento M. In estrema sintesi: «L'ora del destino (e tutto M in generale) è la sinopia di un capolavoro, bastava scriverlo». Insomma un gigantesco bozzetto mal riuscito, secondo Siti, dove i limiti sono soprattutto nella stile e nella capacità di dare spessore psicologico ai personaggi. Ecco alcuni passaggi sparsi che danno l'idea della severità del giudizio. Sulla resa del personaggio di Mussolini: «È tipico del romanzo tenere insieme tutti gli spessori di una personalità, così come è sua caratteristica mostrare come cambiano i caratteri e le idee col passare del tempo; nell'Ora del destino Mussolini è raccontato in tante istantanee successive, ma non nel mutamento». Sullo stile: «La ricerca barocca della meraviglia è vanitosa e didascalica insieme, come è voluto l'impasto di qualche frase più corriva, da approfondimento su Rai Storia, con arcaismi lessicali che creano al lettore di massa uno sconcerto da chiarire col vocabolario (assiso al posto di seduto, silente invece di silenzioso)». Insomma per dirla con semplicità manca l'anima. Di nuovo Siti: «Io per resistere fino in fondo, ho dovuto cercare un po' di respiro in un breve episodio di Guerra e pace che molti ricorderanno: Napoleone sta assistendo dall'alto di un colle alla battaglia della Beresina, arriva un attendente e annuncia i russi hanno subito molte perdite ma insistono ad attaccare Napoleone è stanco, vorrebbe essere altrove, non ne può più di carneficine, dice in francese ils en veulent encore, ne vogliono ancora e allora dategliene ancora, ma ha fastidio anche di se stesso e dei propri ordini; Napoleone non è nemmeno il protagonista del romanzo tolstojano, ma in quella paginetta sono entrato nella sua testa più che in quella di Mussolini nelle oltre seicento pagine di Scurati».
Certo ci vuole un poco di cattiveria a mettere Tolstoj contro Scurati. Ce ne vuole anche un po' verso Tolstoj nel confondere la battaglia di Borodino con quella della Beresina.
Perché il passo, ha ragione Siti: celeberrimo, sta anche nelle antologie delle medie, è significativo perché evidenzia la nausea di un Napoleone inutilmente vincente, sarebbe stato scontato descriverla durante la sua tragica fuga dalla Russia. Però il romanzo storico è così, a maneggiarlo male fa malissimo.
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